sabato 26 giugno 2010

TUTTA LA VERITA' SULLA GUERRA IN IRAQ


E tutti sappiamo che Giuliana Sgrena è tornata viva solo perchè, al suo posto è morto Nicola Calipari. Con queste parole Furio Colombo denunciava nel 2007 la caccia ai giornalisti messa in atto dagli Stati Uniti durante la terribile guerra irachena. L'ex direttore dell'Unità nel suo libro "Post-giornalismo" relativo alla fine di uno dei mestieri più affascinanti del mondo racconta come le due guerre più gravi che hanno insanguinato il mondo dopo il Vietnam, e cioè Iraq e Afghanistan, siano state e siano tuttora le giornalisticamente più ignote, le più misteriose, le meno narrate, nonostante la permanenza, la vita e la morte di tanti giornalisti.

FALLUJA. LA STRAGE NASCOSTA. Proprio con uno spaccato della guerra vietnamite (1960-1975) ha inizio il cruento documentario che vi propongo qui di seguito. Solo 20 minuti. Poco meno di mezz'ora, quindi. Questo il tempo di durata del documentario di Sigfrido Ranucci. Ma non è la durata ciò che conta. Sono piuttoso le immagini, le terribili rivelazioni a lasciare il segno. Rimanere indifferenti non è consentito. Indignazione e rabbia, questi gli stati d'animo che si susseguono nello spettatore. Uno stupore che altro non è che la logica reazione ad un regime di censura che per anni ha tenuto l'opinione pubblica lontano da questi fatti. Un'opinione pubblica che forse non voleva vedere. Un'opinione pubblica che così come era piaceva al governo americano di Geroge W. Bush. Una libertà mascherata da democrazia. Questo sono gli Stati Uniti d'America.

GUERRA IN IRAQ.INIZIO. L'epoca che stiamo vivendo è quella delle cosidette “guerre democratiche” in cui sempre più spesso i paesi “portatori di democrazia” fanno ricorso alla violenza e allo strumento bellico per assicurarsi il dominio economico e politico del resto del mondo. Trovare un "casus belli" è in questi casi quantomeno necessario. E negli Stati Uniti il ponte di comando “ha utilizzato gli attentati dell’11 settembre esattamente come Hitler aveva utilizzato l’incendio del Reichstang”.
Settembre 2002. George W. Bush presenta un nuovo documento, “The National Security Strategy of the United States” preparando la Nazione ad una nuova fase della storia americana. Marzo 2003. Comincia la guerra all’Iraq. Giulietto Chiesa, nel suo libro "La Guerra Infinita". aveva sottolineato come l’attacco fosse già stato pianificato dagli uomini che stavano dietro ogni passo di Bush, i cosiddetti neoconservatori e che la stampa ha da sempre definito “neocons”. Essi provengono dalle elitè accademica, costituiscono un ceto di intellettuali e sentono fortemente la vocazione per la politica e gli affari. Sono i neocons infatti i promotori della guerra in Iraq in quanto convinti dell’idea di esportare la democrazia con le armi. E per far questo essi coniugano l’espressione “guerra al terrorismo”. Che cosa sia il terrorismo è difficile dirlo ma nel caso specifico esso diventa semplicemente funzionale al disegno di dominazione americana del mondo e di costruzione di una società pacificata scevra di ogni forma di violenza premeditata e politicamente motivata. Una guerra necessaria, quindi, contro gruppi subnazionali o agenti clandestini, meglio noti con il nome di terroristi. Questi ultimi non sono legittimi combattenti e non sono nemmeno criminali comuni. Per questi motivi gli Stati Uniti hanno deciso di violare la Convenzione di Ginevra e anche il codice penale statunitense quando si sono trovati di fronte un “terrorista”. Il perno della “dottrina Bush” era proprio la guerra preventiva che gli uomini del Presidente hanno definito come un attacco militare messo in atto dalla nazione a scopo difensivo. Ma da che cosa gli Stati Uniti dovevano difendersi? La risposta: le armi di distruzione di massa per mesi agitate come uno spauracchio sull’opinione pubblica. Stando alle dichiarazioni fatte dal Dipartimento di Stato le armi di distruzione di massa sarebbero detenute dai cosiddetti “stati canaglia”, i cattivi, mentre i buoni sono muniti di “bombe intelligenti”. Ma la logica della guerra preventiva si basava su supposizioni come dimostra il fatto che in Iraq le armi di distruzione di massa non sono mai state trovate (o mai cercate?).

LE ARMI DI DISTRUZIONE DI MASSA. Le dichiarazioni di Bush erano quindi infondate soprattutto se si considera che le armi di distruzione di massa sono in realtà detenute dalla Gran Bretagna, dalla Francia, dalla Cina, dal Pakistan, da Israele e dagli Usa stessi che le hanno largamente utilizzate in occasione del conflitto iracheno. Gli americani, infatti, durante la loro avanzata verso Baghdad, sembra che abbiano, in trenta giorni, fatto uso di trenta bidoni di napalm del tipo MK 77 e del fosforo bianco, contenuto nei proiettili illuminati, ma il divieto di possedere armi di distruzione di massa per le potenze mondiali non è contemplato. Proprio l'utilizzo del naplam, un gas nocivo, voleva denunciare Giluliana Sgrena, la giornalista del Manifesto. Aveva già belle e pronte le interviste e le testimonianze che durante la sua permanenza in Iraq aveva provveduto a raccogliere trascorrendo intere giornate a stretto contatto con la gente di Falluja. Dove è andato a finire tutto quel materiale. Nascosto, sparito, distrutto. Il terribile attacco subito dalla giornalista e la morte dell'agente del Sismi, Nicola Calipari hanno portato con sè il silenzio.
Stando alle parole dei nostri politici, quella in Iraq doveva essere una guerra visibile a tutti. Una guerra che avrebbe condotto l'Occidente alla distruzione del "Male". La verità è che l'Occidente quella guerra l'ha vista dal buco della serratura e anche da un solo punto di vista. Trattasi, quindi, di crimini di guerra firmati Usa.


GUERRA E DEMOCRAZIA
. Dopo l’11 settembre negli Usa nasce un nuovo maccartismo, che prende di mira chiunque cerchi di inficiare la “dottrina Bush”. Una prima lista fu stilata nel periodo immediatamente successivo all’attacco alle Twin Towers e al Pentagono, e nel dicembre 2002 è stata arricchita di nuovi nomi in gran parte segreti. Si calcola, infatti che siano stati imprigionati 1500 stranieri, molti dei quali arrestati in segreto e probabilmente processati anche in segreto “come non accadeva negli Usa dalla seconda guerra mondiale”. Si sono rivelate sempre più crescenti le violazioni dei Diritti umani fondamentali da parte degli Stati Uniti.
Mosso da fini propagandistici, ad esempio, Donald Rumsfeld ha parlato di violazione degli accordi di Ginevra quando gli iracheni hanno mostrato le foto dei marines catturati subito dopo l’attacco del 2003. L'ex Segretario alla Difesa ha tuttavia omesso di parlare del trattato di Ginevra quando i fotografi e i cameraman americani hanno mostrato a tutto il mondo decine di prigionieri iracheni e i detenuti di Guantanamo, incappucciati, incatenati e custoditi in gabbie a volte completamente nudi, privati della loro dignità. Il tipo di democrazia americana è quindi profondamente contraddittorio. La mancata firma del trattato per l’abolizione delle mine antiuomo, il rifiuto di riconoscere il protocollo di Kyoto sull’ambiente per la riduzione delle emissioni nocive, il voto contraria ad una risoluzione dell’Onu per mettere al bando le armi biologiche e contrario ad un’altra risoluzione volta a proibire l’uso dello spazio per scopi militari, sono episodi che dimostrano come gli Stati Uniti siano essi stessi una minaccia per l’umanità piuttosto che Saddam o il criminale di turno. Secondo Noam Chomsky il significato dell’invasione in Iraq è stato “quello di stabilire la prima base militare sicura in uno Stato vassallo e dipendente, che si trova al centro della regione del mondo che produce petrolio” . Ma non solo. Si tratta infatti di paesi dotati di una posizione strategica e pertanto essi devono essere sconfitti prima di affrontare il grande nemico, la Cina contro cui il “ponte di comando” ha già profilato uno scontro entro il 2017. “La Cina” infatti “si avvia sempre più a diventare un antagonista strategico dell’Impero”.
[Fonti: CHIESA G., La guerra infinita, Feltrinelli, Milano, 2003; COLOMBO F.; Post-giornalismo, Editori Riuniti,Castrocielo (Fr), 2007]

"FALLUJA. LA STRAGE NASCOSTA"

domenica 20 giugno 2010

IL 20° PONTIDA DI BOSSI: TRA RAZZISMO E ISTIGAZIONE ALL'ODIO

C'è brutto tempo a Pontida. Piove. Da due giorni ormai. Ma niente sembra fermare il popolo verde. All'appelo non manca nessuno. Naso in sù e bocca aperta, i seguaci del Senatur anche quest'anno partecipano compatti al raduno della Lega organizzato nella provincia bergamasca. Un appuntamento da non perdere, insomma. E se ne compiace Umberto Bossi. Amato. Acclamato. Venerato. Il leader del Carroccio è il primo a prendere il mano il microfono. C'è un solo ministro per il federalismo e sono io. Con queste parole il "grandissimo" riscalda le folle. Vuole tranquillizzare i suoi circa la recente nomina di Aldo Brancher a Ministro del Federeralismo: per il federalismo la coppia è sempre quella, io e Calderoli, ha sottolineato Bossi, ad Aldo Brancher si è pensato di dare il decentramento, che è certo importante ma è un'altra cosa. Non è cambiato nulla.
Parla poi di decentramento, il leader leghista e questa volta se la prende con i Savoia: tra i tanti errori commessi quello più grave fu quello di fare capitale Roma. Lamenta poi la tendenza centralista dell'Italia, il paese più arretrato di Europa. I termini di paragone sono la Francia e l'Inghilterra dove già da anni i poteri ministeriali sono stati trasferiti dalle capitali alle zone più ricche. Anche da noi quindi urge lo spostamento dei ministeri da Roma alle città del Nord. Torino, Milano, Venezia. Queste le città più acclarate per la nomina di capitale. Bossi ha inoltre spiegato come spostare i ministeri significhi spostare anche migliaia di posti di lavoro che adesso sono tutti a Roma. E così non si perde in chiacchiere l'oratore. Viene subito al sodo e chiosa: Pensavamo di fare prima il federalismo è poi realizzare il decentramento. La folla è scalpitante e intona: Roma ladrona, la Lega non perdona. Ma non solo. Secessione, Padania Libera sono gli slogan più gridati. Rispondono libertà i "fratelli" alle parole di Bossi che sottolinea come rispetto al fucile abbia scelto la via pacifica per la libertà della Padania.

Poi Bossi si rivolge agli allevatori del Bergamasco: non posso dire il perchè e il per come ma tra pochi giorni capirete. Adesso siete disperati ma io non vi ho dimenticati. La Lega risolverà i vostri problemi.

Ma il punto nodale del comizio è ancora il federalismo. Di federalismo ha parlato anche il ministro delle Infrastrutture, Roberto Castelli: Se non ci sarà il federalismo ci potrà essere la secessione, non perché lo chiederà la Lega, ma perché lo chiederà tutto il Nord. Oggi è la Lega che tiene unito lo Stato, altro che volerlo disgregare. Per il neo presidente del Piemonte, Roberto Cota, il federalismo è invece la ricetta giusta per ridurre la spesa ed eliminare gli sprechi. All'appello non poteva certo mancare lui, Roberto Calderoli, il braccio destro del Capo. Camicia verdissima e denti stretti, il ministro per la Semplificazione torna a parlare di federalismo. Chi dice che il federalismo è a rischio non conosce l'argomento e non ha letto la manovra perché una delle specifiche non va a influenzare il federalismo e le risorse che verranno fiscalizzate, e conclude: Ciascuno ha il suo simbolo e la propria bandiera. L'Inno di Mameli è l'inno d'Italia, quello della Padania è il Va, pensiero. E proprio con il Va pensiero si conclude il 20° radudo di Pontida. Tutti con la mano sul petto.

DELIRIO RAZZISTA DI GENTILINI


Lo chiamano lo "sceriffo". Giancarlo Gentilini, vicesindaco di Treviso, è l'istigatore delle masse che avete visto nel video. Agghiaciante. Raccapriciante. Il discorso sembra avere dell'inverosimile. Ma purtroppo è tutto vero. Era un Italia xenofoba quella che Gentilini proclamava nel 2008 dall'alto del palco del raduno della Lega Nord a Venezia. Sono trascorsi due anni e la situazione sembra di gran lunga peggiorata. Quelle parole sono oggi una terribile realtà. E si perchè l'Italia che il terzo partito del Paese sta contribuendo a costruire mostra ogni giorno il suo volto peggiore. Contro gli immigrati. Contro le moschee. Contro i bambini rom. Contro le donne col burka. Contro il meridione. Contro i rifiuti di Napoli (ma i rifiuti tossici degli stabilimenti industriali, mi chiedo, da dove provengono?). Insomma quello che ci vuole è una vera e propria Rivoluzione: lo gridano oggi gli uomini di Umberto Bossi e lo gridava allora Giancarlo Gentilini. Almeno prima di incassare il no del Tribunale di Venezia. In quell'occasione lo sceriffo, infatti, aveva ricevuto una denuncia per istigazione all'odio razziale. Ne era seguita la condanna a 4 mila euro di multa e una sospensione per tre anni da pubblici comizi. L'anno scorso Gentilini ha partecipato al raduno di Venezia. Tanti gli appalusi di solidarietà. Ma il vicesindaco non ha potuto parlare dal palco. Insomma non ha potuto aizzare il suo il popolo . Ma poco male. Infatti se la voce di Gentilini in quell'occasione ha dovuto tacere, il suo pensiero no. Ci hanno pensano i sostenitori del Senatur a portarlo avanti. Gli uomini del partito, quelli in prima linea. Allora come oggi.

giovedì 17 giugno 2010

CHE FINE HANNO FATTO I MONACI DI BUDDHA?

Il suo nome è Burma VJ. Candidato all'Oscar 2010 per il Miglior reportage, il "piccolo" giornalista ha saputo far sentire la forza della parola. Munito di telecamere amatoriali, Burma era a capo di un gruppo di reporter. Denuciare le violenze del governo birmano. Era questo l'obiettivo della squadra. Perseguitati, spiati, torturati, i numerosi freelance hanno fatto conoscere al mondo intero il terribile volto della censura e, soprattutto hanno svelato l'inquietante destino dei monaci di quel paese. La Birmania. Una terra così martoriata, così imprigionata, così imbavagliata. Sono passati tre anni da quella violenta repressione.
Il calendario porta la data 19 settembre 2007 quando i media diffondono la notizia dello scoppio di una rivolta. Scalzi, sotto una pioggia torrenziale, i monaci di Buddha manifestano contro il rincaro del prezzo della benzina e contro la violenza del governo. Un regime militare, quello birmano che guida il paese dal 1962. E proprio contro il pugno di ferro di quel regime i monaci hanno manifestato. Veneratissimi in tutto il paese, i protagonisti della rivolta hanno sostenuto le rimostranze popolari iniziate il 19 agosto. Scatenatosi nella capitale, il movimento ha assunto dimensioni epocali. Erano in migliai i monaci che si sono riversati nelle strade di Rangoon. Scene agghiacianti. Difficile dimenticare quel serpente rosso. Difficile dimenticare quelle poche immagini sfuggite alla censura. Era dal 1989 che il Myanmar non diventava teatro di una protesta tanto forte. Una protesta che i monaci hanno voluto improntare a questioni di ordine etico. Qualcuno l'ha definita la pace ribelle dei monaci buddisti. "Nei giorni della protesta" ha spiega uno di loro, "molti nostri fratelli hanno espilicmente chiesto ai soldati giovani, che vengono dai nostri stessi villaggi, di mettere da parte le loro armi e di battersi a mani nude". Sembrano avere dell'incredibile queste dichiarazioni che racchiudono il sintomo di una spiritualità superiore, sconosciuta a chi fa del pugno di ferro ha fatto la propria ragione di vita. "Quando i prezzi aumentarono del 500% ci vergognavamo di andare a chiedere l'elemosina" ha spiegato un altro monaco, "perchè molte famiglie non avevano abbastanza riso per sè". Dunque una protesta pacifica qulla auspicata dai monaci. Una protesta contro cui il potere militare del presidente Than Shwe ha, tuttavia, fatto sentire la sua forza. Oggi le strade della Birmania sono vuote. Sono vuoti quei monasteri dove alle prime luci dell'alba, nelle stanze illuminate da una debole luce potevi vedere i monaci uscire a piedi nudi. Li potevi vedere dirigersi verso i villaggi dove ricevevano l'unico piatto del giorno. Molti di quei monaci oggi non ci sono più. Perseguitati, spiati, torturati, molti di quei monaci sono stati uccisi. La sorte toccata a molti di loro oggi è ancora ignota. Sono scomparsi così, i monaci di Buddha. Nel nulla.

REPORT: Birmania, cronaca da un paese blindato

martedì 15 giugno 2010

MY NAME IS RACHEL CORRIE

Partita il 5 giugno e diretta a Gaza per consegnare aiuti umanitari ai palestinesi, la "Rachel Corrie" portava con sè il ricordo di una delle stragi più sanguinose mai compiute dagli israeliani.
E' il 16 Marzo 2003: i media diffondono la notizia della morte di Rachel Corrie. Ha solo 23 anni la giovane attivista americana quando il suo cuore smette di battere. E' giovane. Troppo. Ci si chiede come sia potuto accadere. "La ruspa le ha versato sopra la terra e poi si è messa a schiacciarla" ha dichiarato Nicholas Dure, un compagno di Rachel. Moriva così la studentessa dell'Università di Olympia. Con il corpo schiacciato. Voleva difendere il diritto dei palestinesi ad avere una casa. Voleva opporsi con le tutte le sue forze alle ruspe che demolivano senza pietà le abitazioni dei profughi. Poi la tragedia. Brutale. Immediata.
Membro dell' ISM (International Solidarity Movement) Rachel voleva andare a Rafah, nella stiscia di Gaza. Passare dalle parole ai fatti: questa la vocazione di una ragazza qualunque. Era proprio una giovane come tante quando, Rachel, zaino in spalla, decide di lasciare gli Stati Uniti. E' il 18 gennaio 2003. La vocazione per la Palestina è forte. Troppo. Come rimanere impassibili quando i militari israeliani cancellano 25 serre e smantellano la strada per Gaza? Quando decine di ruspe distruggono i pozzi di acqua dolce nei campi profughi palestinesi? Quando centinaia di case vengono demolite mentre la gente si trova ancora dentro? E proprio per impedire la distruzione delle abitazioni palestinesi il 16 marzo aveva avuto inizio l'azione dei sei attivisti dell'ISM, di cui tre britannici e tre americani. L'iniziativa consisteva nel posizionarsi fisicamente sulla traiettoria e nel gridare ai manovratori delle macchine col megafono. Anche quel giorno tutto procede come di consuetudine. Senonchè circa un'ora prima del fatale incidente i militari israeliani sparano dei gas lacrimogeni. Avvertimenti. Intimidazioni. Ma il gruppo è compatto. I bulldozzer avanzano. Senza pietà. Eseguono gli ordini. Sollevano un mucchio di terra. Il gruppo è ancora là. Granitico. Fermo. Impassibile. Rachel è una di loro. Ma decide di passare all'azione. Sale sul cumulo. Incrocia lo sguardo del monovratore. Scivola. Non riesce più ad alzarsi. E' pericoloso. Il mostro avanza. La macchia arancione è vicina. Ora non più. Il manovratore si volta. La macchia arancione è alle sue spalle. Rachel indossava un giubetto fluorescente, arancione, poco prima di morire.
Le autorità israeliane hanno dato tante versioni dell'incidente. Le demolizioni dell'esercito servivano a portare alla luce ordigni inesplosi. Falso. Le autorità dicono il falso. Raccontano una versione opposta a quella di chi quei momenti li ha vissuti. Di chi come Rachel si opponeva pacificamente ad un'azione violenta.

PER AMORE DELLA VERITA'

ISRAELE E PALESTINA ATTRAVERSO LE PAROLE DI UN'ATTIVISTA



Questo documento vuol essere una testimonianza forte. Un modo per non dimenticare Rachel Corrie. E soprattutto un modo per non dimenticare che il conflitto tra israeliani e palestinesi mostra ogni giorno il suo volto più brutale. Pertanto ho ritenuto opportuno riportare una delle ultime lettere che Rachel ha scritto alla sua famiglia negli Stati Uniti.


7 febbraio 2003

Ciao amici e famiglia e tutti gli altri,

sono in Palestina da due settimane e un'ora e non ho ancora parole per descrivere ciò che vedo. È difficilissimo per me pensare a cosa sta succedendo qui quando mi siedo per scrivere alle persone care negli Stati Uniti. È come aprire una porta virtuale verso il lusso. Non so se molti bambini qui abbiano mai vissuto senza i buchi dei proiettili dei carri armati sui muri delle case e le torri di un esercito che occupa la città che li sorveglia costantemente da vicino. Penso, sebbene non ne sia del tutto sicura, che anche il più piccolo di questi bambini capisca che la vita non è così in ogni angolo del mondo. Un bambino di otto anni è stato colpito e ucciso da un carro armato israeliano due giorni prima che arrivassi qui e molti bambini mi sussurrano il suo nome - Alì - o indicano i manifesti che lo ritraggono sui muri.
bambini amano anche farmi esercitare le poche conoscenze che ho di arabo chiedendomi "Kaif Sharon?" "Kaif Bush?" e ridono quando dico, "Bush Majnoon", "Sharon Majnoon" nel poco arabo che conosco. (Come sta Sharon? Come sta Bush? Bush è pazzo. Sharon è pazzo.). Certo, questo non è esattamente quello che credo e alcuni degli adulti che sanno l'inglese mi correggono: "Bush mish Majnoon" ... Bush è un uomo d'affari. Oggi ho tentato di imparare a dire "Bush è uno strumento" (Bush is a tool), ma non penso che si traduca facilmente. In ogni caso qui si trovano dei ragazzi di otto anni molto più consapevoli del funzionamento della struttura globale del potere di quanto lo fossi io solo pochi anni fa.

Tuttavia, nessuna lettura, conferenza, documentario o passaparola avrebbe potuto prepararmi alla realtà della situazione che ho trovato qui. Non si può immaginare a meno di vederlo, e anche allora si è sempre più consapevoli che l'esperienza stessa non corrisponde affatto alla realtà: pensate alle difficoltà che dovrebbe affrontare l'esercito israeliano se sparasse a un cittadino statunitense disarmato, o al fatto che io ho il denaro per acquistare l'acqua mentre l'esercito distrugge i pozzi e naturalmente al fatto che io posso scegliere di andarmene. Nessuno nella mia famiglia è stato colpito, mentre andava in macchina, da un missile sparato da una torre alla fine di una delle strade principali della mia città. Io ho una casa. Posso andare a vedere l'oceano. Quando vado a scuola o al lavoro posso essere relativamente certa che non ci sarà un soldato, pesantemente armato, che aspetta a metà strada tra Mud Bay e il centro di Olympia a un checkpoint, con il potere di decidere se posso andarmene per i fatti miei e se posso tornare a casa quando ho finito.

Dopo tutto questo peregrinare, mi trovo a Rafah: una città di circa 140.000 persone, il 60% di questi sono profughi, molti di loro due o tre volte profughi. Oggi, mentre camminavo sulle macerie, dove una volta sorgevano delle case, alcuni soldati egiziani mi hanno rivolto la parola dall'altro lato del confine. "Vai! Vai!" mi hanno gridato, perché si avvicinava un carro armato. E poi mi hanno salutata e mi hanno chiesto "come ti chiami?". C'è qualcosa di preoccupante in questa curiosità amichevole. Mi ha fatto venire in mente in che misura noi, in qualche modo, siamo tutti bambini curiosi di altri bambini. Bambini egiziani che urlano a donne straniere che si avventurano sul percorso dei carri armati. Bambini palestinesi colpiti dai carri armati quando si sporgono dai muri per vedere cosa sta accadendo. Bambini di tutte le nazioni che stanno in piedi davanti ai carri armati con degli striscioni. Bambini israeliani che stanno in modo anonimo sui carri armati, di tanto in tanto urlano e a volte salutano con la mano, molti di loro costretti a stare qui, molti semplicemente aggressivi, sparano sulle case mentre noi ci allontaniamo.

Ho avuto difficoltà a trovare informazioni sul resto del mondo qui, ma sento dire che un'escalation nella guerra contro l'Iraq è inevitabile. Qui sono molto preoccupati della "rioccupazione di Gaza". Gaza viene rioccupata ogni giorno in vari modi ma credo che la paura sia quella che i carri armati entrino in tutte le strade e rimangano qui invece di entrare in alcune delle strade e ritirarsi dopo alcune ore o dopo qualche giorno a osservare e sparare dai confini delle comunità. Se la gente non sta già pensando alle conseguenze di questa guerra per i popoli dell'intera regione, spero che almeno lo iniziate a fare voi.

Un saluto a tutti. Un saluto alla mia mamma. Un saluto a smooch. Un saluto a fg e a barnhair e a sesamees e alla Lincoln School. Un saluto a Olympia.
Rachel

lunedì 14 giugno 2010

MODENA CITY RAMBLERS, Mia Dolce Rivoluzionaria

EVERY CHILD IS OUR CHILD

...ecco un esempio di Comunicazione Istituzionale pubblica






Qual è la mission di http://www.unicef.it/? Mio dovere è quello di verificare come un'organizzazione pubblica presenti se stessa al fine di affermarsi. La mia attenzione è rivolta all'Unicef e nello specifico al sito tutto italiano.
Un'ottima comunicazione istituzionale non può non ricorrere ad uno struemo importante come la mappa. Ma io la mappa proprio non la trovo. Allora confronto il sito italiano con quello ufficiale, http://www.unicef.com/. Della mappa non c'è traccia. Ritorno in Italia e proseguo la mia missione: trovare la mission di Unicef.it
La homepage è ricca di notizie: si tratta di notizie relative all'organizzazione stessa. Morale della favola? Il sito è una fonte di informazione che non necessità di mediazioni. Tutte la notizie sono presentate su un piatto d'argento.
Ma chi Unicef? La mia domanda viene immediatamente soddisfatta. Mi basta aprire la sezione CHI SIAMO. L'Unicef (Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia) è la principale organizzazione mondiale per la tutela dei diritti e delle condizioni di vita dell'infanzia e dell'adolescenza.
E non mancano i cenni storici necessari per incrementare il prestigio dell'organizzazione: Fondato nel 1946 su decisione dell'Assemblea Generale dell'ONU, l'UNICEF opera attualmente in 156 Paesi in via di sviluppo attraverso 126 uffici permanenti sul campo (Country Offices) e in 36 Paesi economicamente avanzati tramite una rete di Comitati Nazionali.
Finalmente quello che stavo cercando: La missione dell'UNICEF è di mobilitare in tutto il mondo risorse, consenso e impegno al fine di contribuire al soddisfacimento dei bisogni di base e delle opportunità di vita di ogni bambino, ragazzo e adolescente.
Per definire in maniera ancora più dettagliata la mission di Unicef mi metto alla ricerca degli obiettivi che l'organizzazione si propone. Clicco allora sull'AREA OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO: eliminare fame e povertà estrema, istruzione primaria per tutti, pari opportunità fra i sessi, ridurre la mortalità infantile, migliorare la salute materna, combattere HIV/AIDS e malaria, assicurare la sostenibilità ambientale, sviluppare un'alleanza globale per lo sviluppo.
L'Unicef quindi presenta se stessa come la più grande organizzazione mondiale e lo fa attraverso la sezione programma dove ben in vista è stato riportato il seguente periodo: lavoriamo con una strategia fondata sui diritti e sui bisogni del bambino nei 5 continenti con un programmi di sviluppo umano e sostenibile a lungo termine, realizzati grazie a una rete di uffici permanenti sul campo.

domenica 13 giugno 2010

TI RICONOSCO, STREGA!

E' il tipico caso di comunicazione istituzionale, con il trionfo di filmati celebrativi dei successi e delle carattristiche dell'organizzazione...


...dal film di Mario Mattioli, "Cinque poveri in automobile" (1952)

...dal film di Luchino Visconti, "Ossessione" (1943)


...dal film di Sam Wood, "Kitty Foyle" (1940)

IL PRIMO SORSO AFFASCINA, IL SECONDO STREGA!

Ecco un esempio di Comunicazione Istuzionale privata...





Hai mai sentito parlare del Liquore Strega? E dei dolci Alberti? E del Premio Strega? Ebbene tutto questo appartiene all'azienda Strega Alberti Benevento S.p.A. Un pezzo della mia città. Il sito http://www.strega.it/ è particolarmente significativo dal punto di vista della comunicazione. Una comunicazione finalizzata al guadagno. E' ovvio.

Scopo della mia ricerca è rintracciare la mission dell'azienda. In altre parole devo individuare qual è il fine della Società, la ragione della sua esistenza. Chi siamo? Cosa facciamo? Perchè lo facciamo? Cosa ci rende diversi dagli altri? Sono questi gli interrogativi a cui il mio sitoi riferimento dovrebbe rispondere. A questo punto diamo inizio alle danze!

Quello che si apre davanti ai miei occhi è un sito, devo dire, che rispetta i criteri di accessibilità, usabilità, interattività e trasparenza. Da questo punto di vista l'homepage è particolarmente eloquente. La prima voce in alto a sinistra ABOUT costituisce la parte istituzionale del sito: comunicare che cos'è l'azienda è uno dei modi più diffusi per affermare il marchio nel mondo. E a tal proposito il lavoro degli addetti alla comunicazione sembra aver dato i suoi frutti. Nella sezione si legge:

La storia comincia a Benevento nel 1860 dove ancora oggi la Strega Alberti ha il suo storico stabilimento che si estende su una superficie di 30.000 mq ed è ubicato nei pressi della stazione ferroviaria. Tutte le fasi di lavorazione infatti, se pur nella loro evoluzione, conservano l’antica sapienza dei Maestri dolciari e liquoristi, tutto ciò fa della Strega Alberti uno dei marchi più diffusi e conosciuti nel mondo. I nostri prodotti oltre ad una capillare diffusione sul territorio nazionale sono presenti in 50 Paesi nel mondo tra cui USA, Argentina, Messico e Australia oltre naturalmente i Paesi della Comunità Europea.

In termini di interattività il sito dà la possibilità all'utente di esprimere il proprio parere, inviaci un tuo feedback su Strega Alberti. Terremo conto dei tuoi consigli, si legge nella parte bassa della sezione.

Ma il sito non rappresenta l'unico strumento a disposizione dei fondatori del marchio beneventano. La targhetta COMUNICANDO. STREGA NEI MEDIA E SUL MERCATO sottolinea proprio questo aspetto.

Le nostre campagne banner sono state pubblicate sui portali alfemminile.com e La Cucina Italiana. Utili suggerimenti nella preparazione di ricette speciali vengono pubblicati invece sulle riviste La Cucina Italiana e Piu' Dolci. Durante tutto l'anno Strega organizza deliziose degustazioni in punti vendita selezionati lungo tutta la penisola. Troverai i prodotti Alberti anche nella tua citta'.

In bella vista i tre fiori all'occhiello dell'azienda:il liquore, i dolci, il Premio: tutti accuratamente descritti. Una comunicazione di prodotto nei primi due casi, istituzionale nel terzo. Ma quale modo migliore per pubblicizzare il brand se non attraverso un exursus strorico dell'azienda? Un ritorno nel passato agevolato da una navigazione tridimensionale attraverso dieci diapositive che sintetizzano gli eventi più importanti che dal 1799 al 2010 hanno fatto da sfondo allo sviluppo dell'azienda Alberti.

Colpisce l'aspetto emozionale del sito. Immagini, slidshow, video, 3D, slogan ripropongono il marchio Strega Alberti. Continuamente. Senza perdere d'occhio il vistore. Una mission che la famiglia Alberti sembra portare avanti adeguandosi anche alla logica della condivisione su internet, da facebook al blog.

INFORMATICA APPLICATA AL GIORNALISMO 21/05/2010

Terminato il viaggio nel mondo del giornalismo online, la sesta lezione si apre all'insegna della COMUNICAZIONE. Immediato il confronto con il giornalismo. Comunicazione e giornalismo, dunque. Due strade parallele. Due strade che sembrano non incontrarsi mai se non di rado. E la tecnologia, ci spiega il prof. Alfonso, ha contibuito ad aumentare le distanze tra questi due mondi. Ma in che modo la "corsa agli armamenti" ha tracciato una linea di demarcazione sempre più netta tra giornalisti e comunicatori? Ebbene la tesi iniziale è la seguente: oggi nell'ambito del mercato la comunicazione vale di più rispetto all'attività giornalistica. Mi sipego meglio. La tecnologia ha fatto crescere sul mercato la domanda di professionalità. Una situazione questa che influenza il giornalismo. Lo trasforma. Lo modifica. In altre parole la tecnologia limita il giornalista. Lo incatena. Lo rincorre. Oggi fare il giornalista significa combattere contro il tempo, addattarsi ai limiti di spazio e affrontare alcuni condizionamenti. Il comunicatore no. Sembra un paradosso ma il comunicatore è più libero. Libero perchè sa di dover lavorare intorno ad un oggetto ben delineato. Un argomento specifico, insomma, che spesso manca al giornalista il cui dovere, invece, è rispondere alle esigenze di in direttore e soddisfare le pretese del pubblico di lettori.
COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE
La Comunicazione Istituzionale concerne l'identità di una realtà e soprattutto non è vincolata alla diffusione di aspetti legati alla logica del business. La Comunicazione Istituzionale è relativa a tutto ciò che si identifica con l'immagine: dare risalto e visibilità ad un'attività è lo scopo precipuo della comunicazione di prodotto che misura la sua efficacia in termini di consenso piuttosto che attraverso un riscontro economico. Un aspetto quest'ultimo che caratterizza, invece, la Comunicazione di Prodotto.
Spesso i due tipi di comunicazione, quella Istituzionale e quella di Prodotto si confondono. Nella maggior parte dei casi manca la percezione della distinzione dei due livelli e i motivi sono tanti: cattiva professionalità, opportunismo e mancanza di regole come si evince dalla presenza costante nella rete di messaggi pubblicitari invasivi. Al contrario ciò che potrebbe favorire la distinzione tra i due tipi di comunicazione sono essenzialmente la trasparenza e la correttezza e da questo punto di vista la rete rappresenta una cartina di tornasole importante. Attraverso il Web è possibile verificare un percorso, in altre parole la tracciabilità. Mezzi di comunicazione come la tv e la radio consentono un percorso analogo ma in rete il fattore tempo segna un punto a favore. La comunicazione in Internet non subisce alcun rallentamento. Tutto avviene in tempo reale e questo rende il trend sempre positivo. Concreta e sempre bella da ricevere. Così il prof. ha definito la comunicazione sul Web dove pubblicità e comunicati stampa non hanno bisogno di mediazione. Qualsiasi tipo di messaggio viene inviato e ricevuto nello stesso lasso di tempo. Anche la verifica della corretta "spedzione" del messaggio è immediata (feedback).
La Comunicazione Istituzionale può essere di due tipi: privata e pubblica. Ma vediamo le differenze più da vicino.
COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE PRIVATA
La Comunicazione Istituzionale privata si avvicina alla Comunicazione di Prodotto. Essa ha come obbiettivo precipuo quello di matenere alto i valori del brand dal momento che se si ha un valore da trasmettere si possiede anche un valore da vedere che può essere riscontrato in termini economici o di consenso. Il brend è il marchio, la persona, il leadre, il messaggio politico mentre il brend istituzionale è legata a determinate realtà come la Camera, il Governo, un Comune o una singola persona. Esistono poi marchi di un certo calibro che si riconoscono immediatamente anche senza essere accomapagnati da slogan e didascalia sebbene gli esperti di marketing abbiano dovuto faticare molto per affermarlo, e poi ci sono brand che hanno boisogno di essere scelti. Il web da questo punto di vista dà un importante contributo all'affermazione del marchio ma allo stesso tempo chiede molto: chi si occupa di Comunicazione Istituzionale deve possedere gli strumenti giusti e soprattutto deve farlo deve mettere in piazza in modo chiaro ciò che intende portare avanti.
Al fine di essere comunicativi bisogna tenere presente lo script: messaggi precotti definiti da regole ben precise. Per abbindolare l'utente è opportuno scrivere messaggi di 3 parole o di 50 pagine. Cambia poco. Ciò che conta è l'efficacia del messaggio che deve tenere conto delle profilature: è opportuno sapere con chi si sta comunicando. L'obbiettivo? Il guadagno, il business, i soldi.
La Comunicazione Istituzionale privata che avviene attraverso il Web deve essere più aperta e quindi verificabile. Tre le formule di proposta che sottolineano l'immediatezza della rete in ambito comunicativo:
  • Automatica: "grazie per averci contattato", "le invieremo una risposta a breve";
  • Intelligente: ad occuparsene so i cosiddetti "risponditori intelligenti" i quli hanno il dovere di capire ciò di cui l'utente ha bisogno ancor prima che questi formuli la sua domanda;
  • Risposte vere e proprie: presuppone la presenza di un moderatore;

COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE PUBBLICA

Nell'ambito della Comunicazone Istituzionale pubblica le cose sono un tantino più complicate. Essa si rivolge alla collettività: si tratta di un elergimento di informazioni che vengono fornite alla comunità senza che necessariamente si chieda qualcosa in cambio. Si offre semplicemente un servizio. In verità un riscontro è sempre auspicato ma i sistemi di controllo nella forma pubblica non sono poi così forti. Ne costituisce un esempio l'ufficio recami che molto spesso non assicura la soluzione al problema. La Comunicazione sul Web deve rispettare criteri di usabilità, accessibilità, trasparenza, interattività. A proposito di usabilità la mappa è uno strumento fondamentale ed è largamente utilizzata sia in ambito privato che pubblico: essa favorisce l'accesso al sito ed è fondamentale per ricostruirne la dinamica. In Italia la struttura degli alberi di navigazione è molto più complicata e quindi meno accessibile.

Ancora una volta a spasso per il mondo. Questa volta attraverso i siti di alcuni governi. Partiamo da casa nostra.

  • http://www.camera.it/ Fisso, freddo, congelato ma perfettamente istituzionale. Forse fin troppo. Manca ogni tentativo di rapporto con l'utente. Non viene data la possbilità di interagire con quanto scritto. E' pura e semplice comunicazione. I messaggi sono brevi e concisi, gà scritti per altro in una forma giornalistica. Si tratta di un vero e proprio copia e incolla.

  • http://www.moncloa.es/ Una selta coraggiosa quella del governo spagnolo: saltare i fronzoli e dare la notizia, chiara, semplice, netta. Sostituirsi ai giornali. Questa l'intenzione degli uomini del potere spagnolo che vogliono istaurare un rapporto "a tu per tu" con l'utente saltando ogni forma di mediazione. E' necessario però che l'informazione sia valida.

  • http://www.elesée.fr/ Il sito del governo francese comunica semplicemente emozioni. Poco spazio per il testo. Ciò che conta è l'impatto visivo. Le immagini scorrono una dietro l'altra. a dispetto dell'informazione prevale nettamente l'attenzione per il bello.

  • http://www.number10.gov.uk/ Istituzionale qanto basta, anche il sito del governo inglese non ha bisogno di inermeazioni. Fortemente voluto da Blair, il sito ha mantenuto la stessa impostazione anche con Cameron che si è limitato ad introdurre alcuni cambiamenti. Ne costituisce un esempio la sezione dediacata ai bambini che ha lo scopo di eduacare anche i più oiccoli alla politica.

  • http://www.whitehouse.gov/ In ordine di acessibilità ed interattività il sito del governo americano è il migliore. Sembra catapultarci in una dimensione diversa. Il divario rispetto ai siti del vecchio continente si fa sempre più profondo quando il prof. ci mostra un video inserito nella homepage del sito stesso. Ebbene quello non è un video qualunque. Quello è il video. Compressi in soli sei minuti il video racconta gli eventi più importanti della settimana. Uno dopo l'altro separati dal giorno della settimana che compare sullo schermo lutente può apprendere i fatti accaduti negli Stati Uniti. Ora ditemi a che cosa si riduce l'informazione fornita in tv o sui giornali?

sabato 12 giugno 2010

IL CONTRARIO DI COPYRIGHT: COPYLEFT

Fino a qualche minuto fa ero alla disperata ricerca di notizie sul Copyleft. Continuavo a pensare: Ma che sarà mai sto Copyleft? Non mi perdo d'animo. Inizio la ricerca su Google, quando, ecco spuntare qualcosa: il primo sito italiano sul Copyleft. Interessante. Clicco su http://www.copyleft-italia.it/. Si apre un mondo. Che bello e quante informazioni! Comincio a curiosare.
La scritta a lato, PER INIZIARE, attira la mia attenzione. Proprio quello che ci vuole. Il Percorso Guidato che ho intrapreso si compone di diverse sezioni. Nella premessa la questione viene posta immediatamente sul piano guiridico:

Gran parte dei dubbi che l'utente medio può porsi relativamente al copyleft, derivano non tanto dalla difficile comprensione del fenomeno copyleft quanto dalla mancanza di nozioni giuridiche di base e più precisamente dalla poca conoscenza dei principi essenziali di diritto d'autore. Il copyleft infatti si fonda proprio sul diritto d'autore classico e ne innova alcuni meccanismi,
si legge nella parte alta della pagina.
Ma non mi basta. In testa ho ancora tanta confusione. Proseguo la lettura. Introduzione al modello del Copyleft. Bene. Clicco. Realizzata da Simone Aliprandi, l'ideatore del sito, l'Introduzione mi fornisce una prima definizione.
L'espressione "copyleft" nasce dalla prassi goliardica di alcuni sviluppatori di software che distribuivano copie dei loro lavori riportanti la dicitura "copyleft - all rights reversed" (con una © rovesciata). In effetti il termine è molto significativo poichè racchiude un duplice gioco di parole: "left" è appunto il participio passato di "leave" (lasciare, permettere) e comunica l'idea di un regime più libero; ma è anche l'opposto di "right" (destra) e comunica un'idea di ribaltamento dei principi. Questo nuovo modello di gestione dei diritti d'autore ha avuto fin da subito grande rilevanza socio-culturale e col tempo l'espressione "copyleft", forse per la sua particolare efficacia semantica, è stata usata per indicare più ampiamente tutto questo fenomeno giuridico di rivisitazione del modello tradizionale di gestione dei diritti d'autore.

Mi accorgo poi come il sito dia la possibilità di accedere ad altre definizioni di Copyleft. Mi incuriosisce quella secondo GNU rivolta unicamente all'ambito del Software. Hai mai sentito parlare di GNU? Io no. Proprio mai. Il link disponibile sul sito mi porta sulla pagina del progetto GNU. Si tratta di un sistema operativo alla cui base c'è la filosofia del software libero. E a proposito di Software libero leggo:
Il software libero è una questione di libertà: ognuno deve essere libero di utilizzare il software in ogni modo che sia socialmente utile. Il software differisce dagli oggetti materiali - come sedie, spaghetti e benzina - in quanto può essere copiato e modificato molto più facilmente. Sono queste le possibilità che rendono il software così utile, e noi crediamo che chi usa software debba potersene avvantaggiare.

Ma riprendiamo il filo rosso e ritorniamo alla definizione di Copyleft secondo GNU:

Il copyleft è un metodo generico per rendere un programma (o altro lavoro) libero ed imporre che tutte le modifiche e versioni estese del programma siano anch'esse software libero. Il modo più semplice per rendere un programma, o altro lavoro, libero è dichiararlo di dominio pubblico, privo di copyright.

Il Copyeft in conclusione non è altro che il contrario del Copyright in quanto basato su una serie di concessioni che l'autore di un' opera fa ai suoi friutori di utilizzare ed eventualmente modificare i contenuti. Tutto sommato la ricerca ha dato i suoi frutti. Soddisfacente!

COPYLEFT: VIDEOLEZIONE

COPYRIGHT IN RETE

Oggi la rete offre la possibilità di distribuire e scambiare una grande quantità di contenuti digitali. Ma tale possibilità è minacciata dal rischio che la fruizione avvenga senza che i legittimi proprietari dei contenuti siano tutelati. Questa situazione pone il problema dei limiti dell'accesso alla rete da parte dei fornitori dei contenuti e allo stesso tempo da parte degli operatori della rete. Questo dunque lo scenario con il quale le istituzioni preposte dovranno confrontarsi e prendere iniziative in campo legislativo.
Il ruolo di controllore rispetto all'accesso alla rete oggi è detenuto dai cosiddetti gatekeepers sempre più utilizzati dalle principali società di intrattenimento, software e telecomunicazioni. Un disegno di legge dovrebbe essere il prodotto di un'ampia negoziazione tra i soggetti interessati: i fornitori-professionisti, animati dal desiderio di svolgere liberamente la propria iniziativa intellettuale in rete e di ricevere un compenso economico per i contenuti di cui detengono il diritto d'autore, e gli utenti-consumatori, sostenitori di un approccio free al web.
ITALIA

Nel nostro Paese nel 2008 due incontri tenutesi a Venezia in materia di diritto d'autore hanno messo in evidenza da un lato l'ingente ammontare dei danni che la pirateria arreca al mercato, stimati nel 2005 in sette miliardi di dollari a livello mondiale, dall'altro l'arretratezza del mercato multimediale italiano rispetto a quello dei principali paesi europei dovuta in gran parte alla ritardata diffusione della banda larga e alla ridotta capacità e velocità di scarico dei contenuti che vanno ad incrementare così il ricorso al download.
Ma per quanto concerne l'aspetto legislativo è evidente come il punto di riferimento debba restare la normativa vigente. Così mentre il diritto d'autore esprimerà il proprio carattere attraverso gli articoli 21, 41 e 42 della Costituzione, ossia, rispettivamente, la libertà di manifestazione del pensiero, la libertà di iniziativa economica ed il diritto di proprietà, dal punto di vista normativo si applica anche alla rete la legislazione sul diritto d'autore leg. del 22 aprile 194 1 n°633, secondo la quale chi ha realizzato l'opera ha il diritto esclusivo di utilizzazione economica della stessa in ogni forma e modo originale o derivato.
Tuttavia ci sono delle eccezioni al copyright che lo rendono più elastico, una di queste è l'art. 70 della suddetta legge, che prevede "il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera per scopi di critica di discussione ed anche di insegnamento, sono liberi nei limiti giustificati da tali finalità e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera". Quindi se nel realizzare delle pagine web all'interno di un'opera originale l'autore inserisce a scopo di discussione, di critica, di informazione culturale, parti di opere, brevi estratti o citazioni (mai l'opera integrale) menzionando chiaramente il nome dell'autore e la fonte, non incorre in problemi di copyright. In questi casi infatti l'autore delle opere non verrà danneggiato nei suoi diritti anzi potrebbe acquistare più notorietà.
Quindi quale provvedimento dobbiamo prendere se viene leso il nostro diritto d'autore? Una prima possibilità è quella di scrivere una lettera di diffida all'autore del sito che ha usato le nostre creazioni per chiedere l'eliminazione dellle parti ritenute lesive o comunque di nostra proprietà, lettera da inviare con raccomandata A/R avvisandolo che nel caso in cui non si abbia un riscontro alle nostre richieste si agirà per via giudiziaria.
I modi di tutela giudiziaria a nostra disposizione sono quelli previsti dall' art 156 ss e 108 e ss della leg del 22 aprile 1941 n° 633 che consistono nell'accertamento del diritto e nella interdizione della violazione, nel risarcimento del danno e nella rimozione dello stato di fatto da cui risulta la lesione, ed infine nel sequestro di ciò che costituisce oggetto della violazione.

FRANCIA

Nel mese di giugno del 2008 il disegno di legge promosso l'anno precedente dal Ministro per la Cultura Christine Albanel è sfociato nelle redazione del Rapporto Olivennes per la diffusione e la protezione dei contenuti in rete. Il disegno di legge è il prodotto di una stretta collaborazione tra i soggetti interessati e prende il nome dal suo ideatore Dennis Oliveness, per anni a capo del colosso FNCA e oggi direttore del settimanale Le Nouvel Observateur. Esso istituisce una nuova Autorità competente ad impedire l'accesso al web a tutti coloro che condividono illegalmente dei file. Nello specifico Olivennes prende di mira la "Santa Alleanza" tra i contestatori del capitalismo e i sostenitori dell'assolutismo di mercato, entrambi favorevoli al mantenimento dello status quo. L'11 giugno del 2009, quella legge fortemente voluta da Nicolas Sarkozy è stata respinta dalla Corte costituzionale francese perchè lesiva della privacy.


GRAN BRETAGNA

Nel luglio 2008 il governo inglese insieme ai maggiori fornitori di servizi internet e i rappresentanti dell'industria musicale ha firmato un momerandum d'intesa che potrebbe sfociare in severe sanzioni nei confronti di chi viola l'altrui diritto d'autore. L'abbroccio britannico è stato quello di affidarsi all'autoregolamentazione, per promuovere un accordo con i principali internet service providers, affidando la vigilanza su di essi ad OFCom, l'Autorità delle comunicazioni britannica. L'ipotesi è quella di mettere in atto un'azione repressiva graduale: dapprima una e-mail di avvertimento, poi nel caso di recidiva una sospensione del collegamento, ed infine la sua chiusura definitiva.

ITALIA: IL COPYRIGHT E LA NORMATIVA

Che cos'è il Copyright?


In due parole si tratta della legge sul diritto d'autore che consente di proteggere dal plagio diverse categorie di opere creative ed in particolare le opere letterarie, fotografie, i disegni, i programmi per i computer,ecc...
Per essere più precisi sulla definizione di Copyright in Italia è opportuno citare gli art.2575, 2576 e 2577 del Codice Civile.


Art. 2575
Formano oggetto del diritto d'autore le opre dell'ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica alle arti figurative, all'architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione.
Art. 2576
Il titolo originario dell'acquisto del diritto d'autore è costituito dalla creazione dell'opera, quale particolare espressione del lavoro intellettuale.
Art. 2577
L'autore ha il iritti esclusivo di publicare l'opera e di utilizzarla economicamente in ogni forma e modo, nei limiti e per gli effetti fissati dalla legge. L'autore anche dopo la cessione dei diritti previsti dal comma precedente può rivendicare òa paternità dell'opera e può opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione o altra modificazione dell'opera stessa, che possa essere di pregiudizio al suo onore o alla reputazione.


Ogni creazione intellettuale rientra nella tutela prevista per il d.a. ed è quindi di "proprietà" del suo creatore, il quale può divulgarla e farne le copie che vuole .Un autore acquista sulla propria opera il diritto esclusivo di riproduzione, di esecuzione, di diffusione, di distribuzione, di noleggio, di prestito, di elaborazione e trasformazione. I diritti di utilizzazione dell'opera durano per tutta la vita dell'autore fino al termine del 70esimo anno solare dopo la sua morte. In Italia si possono effettuare diversi tipi di deposito dell'opera. In linea di massima, si distingue il deposito di opera inedita, che si effettua, prima della pubblicazione dell'opera, alla SIAE sezione opere inedite, e quello di opera pubblicata che invece si effettua presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.La legge più importante in materia risale all'inizio degli anni '40 che è stata successivamente aggiornata ed integrata seguendo l'evoluzione della scienza e della tecnica.

  • Legge 22 aprile 1941 n. 633

Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio: http://www.iterlex.it/testi/141

  • Legge 18 agosto 2000 n. 248
Nuove norme del diritto d'autore: http://www.giustizia.it/cassazione/leggi2000/1248


  • Legge L. 39/02 del 1 Marzo 2002

Disposizoni per l'adempimento do obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee- Legge Comunitaria 2001: http://www.parlamento.it/parlam/leggi/020391.htm

  • Legge 6 luglio 2002 n. 137
Delega per la riforma dell'organizzazione del Governo e della presidenza del Consiglio e dei ministri, nonchè di enti pubblici: http://www.senato.it/parlam.leggi/021371.htm

A TU PER TU CON QUALCHE INTRANET



Ecco due esempi di Intranet. Si tratta delle interfacce di due corporazioni note a livello mondiale: la IBM e SKY.

International Business Machines Corporation, chiamata anche Big Blue è una delle aziende di informatica più note al mondo e anche la più antica. IBM è anche il brand con il quale la società commercializza i propri prodotti.
In Italia la IBM inizia a operare nel 1927, con il nome di Società Italiana Macchine Commerciali (SIMC). Nel 1928 viene aperto, in via Tolmezzo a Milano, il primo ufficio commerciale con 11 dipendenti. Negli anni '30 la società cambia la denominazione prima in Hollerith italiana poi in Watson Italia. Nel 1946 diventa IBM Italia. Come si legge sull'homepage del suo sito, IBM oggi si propone di essere il partner ideale per società e aziende e di offrire soluzioni e servizi che aiutino a lavorare meglio e ad essere più efficaci e competitivi.


SKY è una piattaforma commerciale televisiva fornita a pagamento fornita in Italia da SKY Italia S.r.l. Nasce il 31 luglio 2003 e nell'aprile 2010 l' Unione Europea consente a Sky lo sbarco sul digitale terrestre. Tante le tecnologie introdotte dalla pay tv che nel 2005 era riuscita a conquistare diritti dei Mondiali di Calcio del 2006 in Germania come accadrà nel 2010 e nel 2014. A Sky si deve, nel 2005, l'introduzione di un nuovo ricevitore con funzionalità Personal Video Recorder chiamato MySKY. Nel 2006 ha presentato invece la televisione in alta definizione, la SKY HD mentre l'anno successivo ha annunciato un accordo con l'operatore Wind per diffondere i canali televisivi tre Internet sulla rete IPTV ADSL.

venerdì 11 giugno 2010

A PROPOSITO DI INTERNET...



... il Web dice che

Il 1969 è l'anno di nascita di Internet. Ma non solo. Il 1969 è una data importante per un'altro motivo: lo sbarco dell'uomo sulla Luna.

1957. La messa in orbita dello Sputnik da parte dell'Unione Sovietica dà agli Stati Uniti un forte scossone. Il nemico storico colpisce profondamente l'orgoglio degli americani minandone la sicurezza anche in termini di primato militare. Solo due anni più tardi, in piena Guerra Fredda, l'amministrazione Eisenhower finanzia la ricerca militare nel campo delle comunicazioni. Il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti dà origine all' ARPA (Advanced Research Projects Agency), con sede all'interno del Pentagono a Washington.
1969. L'agenzia decide di lavorare ad un progetto che sviluppi la capacità delle macchine elettroniche di comunicare e trasferire dati. Il risultato è la fondazione di ARPAnet il cui scopo è quello di ottimizzare lo sfruttamento delle costose risorse economiche favorendo così la comunicazione tra i vari poli di ricerca e soprattutto quelli universitari. ARPAnet coinvolgei nzialmente quattro elementi importanti: la UCLA (Università di Los Angeles), la UCSB (Università di Santa Barbara, l'Università dello Utah e lo SRI (Stanford Research Institute). Ognuno di essi ha un IMP, un computer funzionale alla gestione del traffico dati concepito dalla BBN. Molti attribuiscono a motivazioni militari la nascita di ARPAnet: porre le condizioni per affrontare il pericolo di una guerra nucleare è il motivo più acclarato. Ma è pur vero che gli studi furono realizzati alla luce del sole e gli unici soggetti che potevano cimentarsi in materia perchè disponevano del materiale informatico necessario erano il Dipartimento della Difesa e le Università. Durante i suoi primi anni di vita ARPAnet può collegare solo 64 computer e una rete locale.

1971. ARPAnet è formata da 15 nodi e 23 host per un totale di un centinaio di utenti. Si susseguono i progetti finalizzati a rendere la rete sempre più pubblica fino ad arrivare alla fine degli anni '70 quando la National Science Foundation inizia a finanziare la nascita di più reti economiche tra i vari poli universitari.

1983. La Defence Communication Agency porta alla creazione di due reti: la prima è Milnet, una rete chiusa a carattere militare, seconda è Internet che non ha alcun limite di connettività. Regalata dall'Arpa alle Università, Internet inizia a diffondersi nelle altre sedi americane ed europee oltre che nei più vari Centri di Ricerca, che ne fanno un uso proficuo. Nello stesso anno John Postel cra un nuovo protocollo per gestione della posta elettronica, denominato SMPT (Simple Mail Tranfer Protocol). Da questo momento in poi la tecnologia corre sempre più veloce e le università sottoscrivono la nascita di NFSnet.

1988. Nasce la prima chat, la cosidetta IRC (Internet Replay Chat) che permete per la prima volta di dialogare per iscritto in tempo reale.

1989. La vecchia ARPAnet è ormai obsoleta. Nello stesso anno cade il muro di Berlino. Il mondo non è più diviso e questo favorisce la nascita di una rete senza confini.

1992. Tim Berners-Lee, lancia la proposta di un sistema che consenta la pubblicazione e la gestione di Ipertesti sulla Rete denominato World Wide Web, cioè Ragnatela intorno al Mondo. La consultazione è così veloce da essere definita surfing soprattutto grazie all'HTML il linguaggio con cui vengono composti i dati da consultare. Presto nascono anche gli strumenti di consultazione e ricerca: Mosaic (1993), Netscape Navigator (1994), Microsoft Internet Explorer (1995).

Queste iniziative ed, in seguito, l'autorizzazione data alle società commerciali di connettersi alla rete rendono Internet fruibile a chiunque, facendone il mezzo di comunicazione più potente.

A PROPOSITO DI INTRANET...


...Wikipedia dice che

INTRANET è una rete locale ulitizzata all'interno di un'organizzazione al fine di agevolare la comunicazione e lo scambio di informazioni. Qualora la cominicazione coinvolga anche clienti o altre persone esterne all'organizzazione si parla invece di EXTRANET.
Scopo precipuo di una Intranet è quello di facilitare la comunicazione interna e di favorire così la trasparenza. Sia che si tratti di un'azienda di dimense esigue sia che si tratti di un'azienda molto estesa sia a livello nazionale che internazionale le Intranet sono molto importanti. In quest'ultimo caso esse mostarno im maniera ancora più evidente i loro vantaggi: telelavoratori, lavoratori fuori sede, dipendenti che si spostano di frequente devono infatti affrontare problemi di comunicazione ancora più critici.
In Italia l'organo deputato al monitoraggio delle Intranet è la School of Management del Politecnico di Milano, nato nel 2002. L'Osservatorio ha classificato le Intranet in quattro modelli diversi: Informative, Istituzionali, Operative e di Knowledge Managment. La distinzione è stata operata in base ad alcuni criteri fondamentali quali strategie, soluzioni di governance e scelte tecnologie.
Ma che cosa si pubblica sulle Intranet? Rapporti settimanali, promemeoria, bacheche virtuali, messagistica immediata e chat moderate. L'obbiettivo? Risparmiare tempo. Gli affiliati all'azienda possono infatti visionare la rassegna stampa, la rubrica telefonica ma anche informazioni più personali come le politiche aziendali in materia di ferie.
Le Intranet si sostituiscono in qualche modo alla posta elettronica. Gli utenti possono infatti lavorare sullo stesso file e disporre delle versione più aggiornata evitando così di inviare per posta eletronica più versioni dello stesso documento. Il risultato è un risparmio di tempo ma anche di spazio virtuale.
Il concetto di Intranet nasce nel 1994. Il termine concepito da Steven Tallen è stato coniato per definire un'infrastruttura, basata sugli standard e sulle tecnologie di Internet. Un' infrastruttura che condividesse informazioni e contenuti all'interno di un gruppo limitato e ben definito.
Oggi le Intranet variano da azienda ad azienda, a seconda degli obiettivi e delle teorie di management. A partire dalla metà degli anni '90 questo nuovo sistema telematico ha subito una grande diffusione, influenzando la cultura aziendale e mettendo in discussione il sistema di gerarchie e abitudini consolidate.

INFORMATICA APPLICATA AL GIORNALISMO 4/06/2010


Anche quest'anno accademico è agli sgoccioli. Siamo giunti infatti all'ultima lezione del Prof. Alfonso. Il tempo passa troppo in fretta e io sono anche in ritardo con la stesura di quanto è stato detto in occasione dell'appuntamento finale di Informatica. Ebbene tema centrale della discussione sono state le INTRANET.

Panico. Intranet? Che parola difficile! Faccio mente locale. Mi sovviene qualcosa. Reminiscenze scolastiche. Poche idee confuse. Tutte smonate dal prof. Alfonso. A poco a poco. Una dopo l'altra. A confermare la mia scarsa conoscenza sull'argomento sono anche i miei colleghi, quelli che con le Intranet hanno avuto a che fare, o meglio, ci hanno lavorato e ci lavorano ancora oggi. Ida, Fabio, Sabrina e Fabiana racconatano la loro esperienza nel campo. Molto bene. Ora tocca a lui. Su tutte le voci si leva la sua, quella del prof.. Ed ecco la definizione di Intranet: raccolta digitale di tutti gli strumenti necessari a chi opera in settori come una società di servizio, un ente locale, un'azienda privata. Intranet insomma è un vero e proprio sito. La differenza? E' riservata a pochi eletti. "Ma tanti sono i punti di discontinuità rispetto a quello che noi siamo soliti definire Internet", ci anticipa il Prof. Ma procediamo con ordine.
Innanzitutto anche Internet nasce come una Intranet, a carattere militare. Le Intranet quindi hanno origini più lontane ma rimangono ancora poco utilizzate. Un mondo tutto da scoprire, insomma, anche se oggi le Intranet sono in costante crescita perchè costituiscono il punto di forza per chi si trova a gestire una certa quantità di informazioni. Ma l'obiettivo di una Intranet non è soltanto dare informazioni. E' importante anche riceverne.
Illustrato il fattore tempo il prof. passa a sottolineare l'importanza delle Intrantet. "Non può esserci Internet senza una Intranet" ha tuonato Alfonso dall'alto del suo sapere. Ma questa regola però sembra ignorata dai più, o meglio da coloro che lavorano nel mondo della comunicazione e che hanno preferito superare la fase Intranet per buttarsi a capofitto in Internet. Il motivo? La possiblità di farsi vedere. Una possibilità che certamentente le Intranet non offrono in quanto reservate solo agli adepti i quali possono accedere digitando username e password. Si tratta infatti di due mondi paralleli che faticano ad incontrarsi. Il gap è ancora molto forte. Alle Intranet manca una vera e propria redazione Web che si occupi sia della parte esterna che di quella interna e il risultato è una grande confusione a livello di comunicazione. In apparenza quindi Intranet e Internet sono distanti anni luce. Ma solo in apparenza. Si tratta infatti di due volti della stessa medaglia: interfacce identiche e uguale gestione delle conoscenze sono i punti di contatto. Quest'ultimo aspetto è particolarmenente importante. Il coordinamento delle informazioni è il cuore della comunicazione interna senza la quale non esisterebbe la comunicazione esterna.
Ma le differenze in materia di presentanzione delle informazioni sono numerose.

ASSENZA DI VALORE COMUNICAZIONALE. La capacità comunicativa cade a picco soprattutto se si tratta di comunicazione di servizio piuttosto che di comunicazione commerciale. Ma l'aspetto della comunicazione è quasi sempre trascurato dalle Intranet. E' invece piuttosto importante soprattutto per incrementare la qualità di quest'ultime. I motivi sono due: migliorare i flussi di lavoro e garantire ai dipendenti dell'azienda il controllo delle attività in corso.
Una buona comunicazione consentirebbe alle Intarnet di costituire un'alternativa ad Internet e di agevolare così la navigazione agli utenti. Le Intranet infatti devono riportare contenuti che su Internet non sono reperibili.

MANCANZA DELLA DIRETTA. In Intranet manca il lavoro di decodificazione. Staticità e freddezza sono gli aspetti più lampanti quando si parla di Intranet. Sintomo di questa impostazione sono le mappe e gli alberi di navigazione sempre molto in vista rispetto ad un sito internet. Va aggiunto che nell'ambito di una Intranet i responsabili della comunicazione sono i capouffici portati a dare informazioni di servizio molto più burocratiche. Mentre l'ufficio di comunicazione viene coinvolto solo quando è necessario inserire contenuti.

TV E RADIO GESTITE IN HOUSE. Alcune aziende si sono dotate di tv e radio che servono a favorire la comunicazione interna. Questi strumenti di decodifica del linguaggio in house sono utili quando si tratta di società particolarmente ampie. Per sopperire alla distanza geografica e quindi per raggiungere tutti suoi affiliati l'azienda decide di ricorrere a questi espedienti.

MOTORE DI RICERCA. Al fine di facilitare il reperimento dei contenuti il motore di ricerca in Intranet è fondamentale.

Nell'ambito della comunicazione la tecnologia oggi gioca un ruolo importante. Consguenza immediata: il cambiamento dei CODICI COMUNICAZIONALI.
In realtà l'apprendimento dei codici avviene sin dall'infanzia e la scrittura è senza dubbio uno dei codici più diffuso. Ma il modo di scrivere è in continua trasformazione. Corre la tecnologia, cambia la scrittura. E cambiano soprattutto i codici attraverso i quali si comunica. A questo proposito è sempre opportuno confrontare i vecchi strumenti di comunicazione con quelli più innovativi. La mail e la lettera ad esempio. La prima ha sostituito quasi definitivamente la seconda a cui i nostri nonni ma anche i nostri genitori erano tanto affezionati. La differenza più lampante tra mail e lettera è la verifica del feedeback. In altri termini è possibile verificare se il destinario ha ricevuto il messaggio del mittente in tempo reale. Ma non sempre. Per questo motivo la mail passa al secondo posto in termini di immediatezza del feedback rispetto a Messanger. Inviare una mail non implica necesariamente la presenza dell'utente all'altro capo del server a differenza di quanto accade in messanger dove si comunica one to one o più precisamente one to many. La CONDIVISIONE è la caratteristica dei social network e soprattutto l'elemento che ne ha fatto la fortuna. Oggi non ci basta più scambiarci informazioni a tu per tu (il telefono in questi casi può bastare). Essere in contatto con tutti contemporaneamente, condividere le informazioni con i nostri amici è molto più stimolante. La condivisione insomma è un codice di comunicazione a cui non eravamo abituati. Qualche anno fa vita privata e vita sociale e soprattutto lavorativa erano distinte. Oggi questo confine non esiste più. Anzi la tecnologia è per molti un lavoro.

mercoledì 2 giugno 2010

QUANDO LA POLITICA DIVENTA SPETTACOLO

LA BALLATA DELLE DONNE: UNA POESIA DI EDOARDO SANGUINETI




Oggi è la festa della Repubblica italiana. Il 2 guigno di ben sessantaquattro anni fa in Italia nasceva la Repubblica. Era il 1946 quando un referendum sanciva per sempre la morte della monarchia. Ma quello del secondo dopoguerra è un referendum importante anche per un altro motivo: per la prima volta le donne possono votare. Ma non tutti lo sanno...


Quando ci penso, che il tempo è passato,
le vecchie madri che ci hanno portato,
poi le ragazze, che furono amore,
e poi le mogli e le figlie e le nuore,
femmina penso, se penso una gioia:
pensarci il maschio, ci penso la noia.

Quando ci penso, che il tempo è venuto,
la partigiana che qui ha combattuto,
quella colpita, ferita una volta,
e quella morta, che abbiamo sepolta,
femmina penso, se penso la pace:
pensarci il maschio, pensare non piace.

Quando ci penso, che il tempo ritorna,
che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
penso che è culla una pancia di donna,
e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire.

Perché la donna non è cielo, è terra
carne di terra che non vuole guerra:
è questa terra, che io fui seminato,
vita ho vissuto che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente.

Femmina penso, se penso l'umano
la mia compagna, ti prendo per mano