lunedì 5 luglio 2010

INVICTUS. IL FILM E LA POESIA

Invictus non è soltanto un film. Invictus è anche una poesia. Ma l'uno e l'altro finiscono per incrociarsi. Inevitabilmente.

Proiettato nelle sale italiane a partire dal 26 febbraio 2010, l'ultimo film di Clint Eastwood racconta una storia vera. A fare da sfondo alla vicenda è il Sud Africa, quello del post-elezioni di Nelson Mandela. Riunificare il paese, sfidare le leggi razziali, creare un popolo e insieme una nazione che siano faro nel mondo: questi gli obbiettivi di uno dei leader più carismatici che siano mai esistiti sulla faccia della Terra: Nelson Mandela, un tempo il protagonista del movimento anti-apartheid.
Ma il passato è passato e quando il film ha inzio il neo-presidente sembra essersi buttato alle spalle quei trent'anni di carcere che tanto avevano segnato la sua esistenza. Basta non pensarci. E' sufficiente guardare avanti. I tempi infatti sono maturi. E' il 1992 e bisogna fare in modo che bianchi e neri si sentano parte di un tutto. Da questa consapevolezza si snoda il tentativo di Mandela di costruire lo spirito nazionale anche attraverso lo sport. La Coppa del Mondo di rugby e la vittoria della squadra sudafricana degli Springbock, bandita dagli anni '80 dal campionato a causa delle differenze razziali, diventa una buona occasione per la pacificazione di quel pezzetto del continente nero. Quel pezzetto d'Africa che portava con sè il fardello di sofferenze atroci.



Ma, come ho anticipato, Invictus che proviene dal latino e significa "invincibile", è anche il titolo che il poeta inglese, William Ernest Henley, nel lontano 1888 aveva dato al suo poemetto. Sin da bambino il poeta fu affetto da una grave malattia, turbercolosi ossea, che gli impedì di proseguire gli studi e di tentare la carriera giornalistica. Avave 25 anni quando i medici furono costretti ad amputargli una gamba per permettergli di sopravvivere ma Hanley non si diede per vinto e visse altri 30 anni con una protesi artificiale. La poesia fu scritta proprio sul letto dell'ospedale ed il titolo "mai sconfitto" non è casuale. Ma si sà, la poesia non ha confini. Essa infatti ha superato il granitico muro del tempo per diventare il conforto di Nelson Mandela durante i lunghi anni di prigionia che nel film vengono rivissuti attraverso gli occhi del capitano della squadra di Rugby, interpretato da Matt Damon. Il leader degli Springbock si mette alla ricerca di quella che un tempo era stata la cella di Madela. E' la numero 944. Ora è vuota. Solo una sedia e una coperta, e il fantasma del Presidente che il Capitano "vede" proprio mentre recita la poesia. Guardate un pò...

...quella scena così difficile da dimenticare


LA POESIA CHE NELSON MANDELA LEGGEVA IN CARCERE...




INVICTUS

Dal profondo della notte che mi avvolge
buia come il pozzo più profondo che va da un polo all’altro,
ringrazio gli dei chiunque essi siano
per l'indomabile anima mia.

Nella feroce morsa delle circostanze
non mi sono tirato indietro né ho gridato per l’angoscia.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
il mio capo è sanguinante, ma indomito.

Oltre questo luogo di collera e lacrime
incombe ma l’orrore delle ombre
e ancora la minaccia degli anni
mi trova, e mi troverà, senza paura.

Non importa quanto sia stretta la porta,
quanto piena di castighi la vita.
Son Io il signore del mio destino.
Son Io il capitano dell'anima mia
.