mercoledì 19 maggio 2010

I MILLE VOLTI DELLA CENSURA

Tutto passa attraverso il Web. Pensieri intimi e frustrazioni spirituali ma anche semplici riflessioni, video, immagini e fotografie che ci immortalano a spasso con un'amica, per fare un esempio. Tutto alla portata di tutti. E così se la rete può diventare un comodo strumento di comunicazione è anche vero che la tutela della privacy è fortemente minacciata.
Proprio la privacy sul Web è il tema chiave della bozza definitiva Codice di autodisciplina per Internet che il governo ha presentato in questi giorni. A darne notizia il Ministro degli Interni Maroni e il sottosegretario Romani. Ma l'inizitiva affonda le sue radici nel dicembre 2009. Dopo il lancio della statuetta contro Silvio Berlusconi in Piazza Duomo a Milano, sul Web si diffusero voci che inneggiavano all'aggressore, Massimo Tartaglia. Proprio in quell'occasione da più parti si levarono opinioni contrarie ai social-network, più pericolosi degli anni Settanta, come tenne a precisare il Presidente del Senato, Schifani. Immediatamente fu partorita l'idea di una legge per oscurare i siti che favorivano la violenza. La legge fu subito bocciata. "Spetta infatti alla magistratura non al governo chiudere un sito", dicevano i principali oppositori. Ma il ministro non molla. Per contrastare la Rete che può costituire una piattaforma di divulgazione e propagazione di messaggi, informazioni e contenuti destinati ad uso malevolo, come si legge nella premessa al Codice, Maroni l'11 maggio ha incontrato i provider dei servizi web. Nello specifico il Codice prevede un bollino di qualità per i siti sicuri che i fornitori sotto tenuti ad inserire sotto ogni pagina per eventuali reclami. Ma niente di nuovo. Una legge che obbliga i provider a segnalare alla magistratura i reati, esiste già. Quindi? Trattasi di censura. E già! Perchè il codice non punisce i reati ma tutte quelle informazioni la cui liceità è discutibile. Opinioni, quindi. Opinioni "malevoli" che danno fastidio a qualcuno. Opinioni semplicemente in contrasto con il potere. Ma non è tutto. Il governo a quanto pare vorrebbe affidare ai provider stessi il ruolo di supervisori. Inaccettabile. Stando così le cose infatti ogni utente potrebbe un giorno aprire la propria casella di posta e trovare un messaggio da parte di uno dei tanti fornitori della rete, da Google a Facebook, da Fastweb a Tiscali, per citarne solo alcuni, affinchè venga rimosso un contenuto "scomodo", pena una segnalazione alle autorità. Inaccettabile. Per il momento il governo ha incassato il no dei provider: la procedura prevista dal codice comporterebbe non soltanto un incremento dei costi che poi peserebbero sulle tasche degli utenti ma rischia di scontrarsi con la direttiva sul commercio elettronico approvata dall'UE e che vieta ai fornitori di intervenire sui contenuti. Il loro dovere è fornire materiale informativo. Il dovere di rimuovere un contenuto spetta alla magistratura. A questo punto il futuro si può prevedere: i provider investiti del nuovo ruolo di supervisori saranno portati ad eliminare quei contenuti sgnalati dalle grandi aziende eludendo cosi un risarcimento economico ed ignorando le voci dei semplici cittadini che d'altro canto vedranno sottrarsi sempre più contentuti. Ingiustamente.

UN PEZZETTO DEL SALONE DI TORINO

INFORMATICA APPLICATA AL GIORNALISMO 14/05/2010

SOS EDITORIA LIBRARIA

Quest'anno sono stati più di 300mila i visitatori del Salone Internazionale del Libro di Torino. Una cifra da capogiro che ha collocato la fiera in vetta alla classifica. Amanti di libri, cultori di poesie, esperti di editoria, smaniosi di gadget digitali dell'ultima ora. C'erano tutti e ovviamente non poteva mancare il nostro prof. di Informatica applicata al giornalismo. Sostituito la settimana scorsa dal prof. Ferrandi (ricordi?), Alfonso è ritornato in quel di Parma la settimana scorsa e non ha perso l'occasione per dilettarci sulle ultime news. Aperto al pubblico il 13 maggio, il Salone ha chiuso i cancelli il giorno 17. Tante le sezioni e tante le tematiche. Ma il racconto del prof. ci ha catapultati senza pietà nello spazio che il Salone ha dedicato all'iniziativa Invasioni Mediatiche. Come si legge anche sul sito http://www.salonelibro.it/, Invasioni Mediatiche ha allestito nel Padiglione 2 un universo digitale in cui i visitatori hanno potuto assaporare le ultime "invenzioni" in materia di fumetti, graphic novels, videogiochi, e molto altro ancora. Ma niente di chè rispetto a lui. Il vero protagonista. I riflettori erano già stati posizionati. Tutti lo aspettavano con ansia. Quando, eccolo arrivare! Superbo, tronfio, vanesio. E' l' iPad, il nuovo tablet computer Apple, disponibile al pubblico insiema a tutti i modelli di e-book reader. Una vera delizia per gli esperti del settore che hanno potuto scoprire i tanti vantaggi della lettura digitale. Ma alle tasche degli editori nessuno ci pensa? In realtà sempre all'interno del Salone si è tenuto un dibattito. Ma la questione rimane aperta. Punto cruciale della discussione, a Torino come in ogni altro luogo deputato, è sempre lo stesso. I pagamenti. Nello specifico gli esperti si interrogano sulla possibilità o meno di far pagare i contenuti editoriali reperibile sul web. Oggi prevale lo mozione che sostiene la gratuità delle informazioni. La rete, ritengono i più, proprio perchè tale deve essere a disposizione di tutti: il tempo e lo spazio sono gratuiti così come dovrebbero essere le informazioni. Dal punto di vista editoriale tutto ciò è un suicidio. Sarebbe meglio dare la breaknews a costo zero e far pagare poi il resto del pezzo. Ma i primi a sbagliare sono stati proprio gli editori che all'inizio in preda ad un istinto di generosità hanno elargito grandi quantità di contenuti. Questa anche la posizione del prof. che ha tentato di avviare un dibattito in aula. Ma tutto taceva ad eccezione di qualcuno. I più coraggiosi infatti hanno detto la loro. Ma checchè se ne dica l'editoria mondiale è alla frutta! Da un lato la crisi economica dall'altro la digitalizzazione dei libri hanno aperto davanti agli occhi degli editori uno spettacolo sconfortante. I "venditori di libri" hanno maturato una consapevolezza: oggi ciò che conta è il supporto d fruizione culturale, la qualità della lettura invece è messa sotto i piedi. E allora? Come fare? Gli editori ritengono che la cultura abbia un prezzo e così hanno dato il via ai pagamenti. Ma come si dice tra il dire e il fare...
In realtà una parte dei contenuti digitali sono già a pagamento. Si tratta delle informazioni a cosidetto valore aggiunto indicate con la sigla VAS. C'è da precisare poi che il mercato lo fanno i produttori del mezzo digitale. Non sono gli artefici dei contenuti a stabilire i costi. Non è infatti una casualità che la Apple abbia imposto una quota di 0,79 centesimi per effettuare il downloading. A questo punto una seconda questione si impone alla nostra attenzione: la qualità della scrittura. Per quale motivo lo scrittore di professione dovrebbe spendere il suo tempo e le sue energie per mettere a disposizione di tutti una notizia per la quale non vedrà neppure un centesimo? Perchè fare approfondimenti, indagini, ricerche se non c'è un riscontro economico?
Tutto ciò ha reso inevitabile un riferimento al copyright. Il Web a questo proposito pone molto problemi. Da sempre si verificano casi di violazione della proprietà intellettuale e da sempre si risolvono in tribunale. Ma nel caso della rete è diverso. Questa non ha confini di spazio e di tempo e diventa davvero difficile individuare i plagi. Anche se il vero problema è l'assenza di una legge che punisca la violazione del diritto d'autore. La dimostrazione di quanto detto fino ad ora è la pagina Web http://www.rassegna.governo.it/. Il sito del Parlamento Italiano fa una cosa illecita. L'istituzione che dovrebbe essere da esempio a tutti ogni giorno riporta le notizie di tutte le testate del Paese. E allora perchè recarsi dall'edicolante sotto casa se le notizie sono alla portata di un clic?
Copyright e copyleft sono al centro della discussione istituzionale non solo in Italia. Numerosi tentativi di regolamentazione si sono verificati anche nel resto dell' UE. In Francia, il presidente Sarkozy, circa quattro mesi, ha ingaggiato un esperto affinchè proponesse un disegno di legge in grado di penalizzare la pirateria sul web. Il risultato? Un totale flop: la legge è stata dichiarata incostutuzionale. Prevedendo l'interruzione della connessione per l'utente indolente e incurate al terzo richiamo, la legge è stata giudicata lesiva della privacy.
Connesso al tema del copyright è quello relativo al diritto di privacy e anche qui la legge del web si mostra carente. Sebbene esista una legislazione europea in materia, la rete non riesce ancora a garantire la segretezza dell'individuo. I nostri dati sono alla mercè di tutti. Venduti, cancellati, recuperati. Tutto ciò pone un problema di tracciabilità. Individuare i responsabili della pubblicazione di un documento lesivo della privacy sul web diventa molto difficile e Google ha avuto per questo motivo non pochi problemi. La quinta lezione termina qui. Termina qui anche la discussione sul giornalismo online. Il prof. dalla prossima volta infatti affronterà nuovi argomenti: la comunicazione più in generale. Ah dimenticavo! Mancano tre lezioni alla fine.