sabato 11 febbraio 2012

PAZIENTI TROPPO 'LUNGODEGENTI' NEL POLICLINICO MILITARE DI ANZIO


Un vero e proprio paradiso terrestre. Il Dipartimento di Lungodegenza di Anzio è, senza dubbio, un piccolo eldorado. Lo sguardo del visitatore incontra inizialmente la casa del comandante, rimessa a nuovo, e la Chiesa con i suoi muri rosso porpora e quei 14 ettari di verde sui quali spuntano pini e palme. Uno scenario straordinario. Ma l'incantesimo sembra destinato a durare poco. Troppo poco. Basta girare l'angolo, infatti, e il Dipartimento mostra il suo vero aspetto. La struttura dove sono ospitati i degenti è fatiscente.
Il Dipartmento del Policlinico militare di Roma, "ha una configurazione funzionale particolare". Nello specifico, l'Ospedale è un organo dell'Organizzazione Sanitaria Militare e tra le sue mansioni figurano "trattamenti terapeutici e riabilitativi di lunga durata" del personale militare, con una particolare attenzioni alle malattie legate all'età. Assistenza ospedaliera protratta, dunque. Per l'esattezza sessanta giorni. Questa la durata massima di un ricovero all'interno della clinica. Un particolare che però sembra essere sfuggito ai pazienti dipendenti del ministero della Difesa e delle Forze Armate, che "abitano" la struttura da circa 20 anni. Gli infermi del Dipartimento sono una trentina. Tutti lautamente remunerati con pensioni di tutto rispetto. Anche se la degenza ospedaliera è interamente a carico della collettività. Ai cittadini italiani un paziente del Policlinico costa più di 300 euro al giorno.
Ma chi si occupa della cura dei trenta pazienti ospitati dalla clinica? Circa dieci persone, di cui quattro-cinque sono infermieri. In una totale assenza di turni notturni che invece vengono effettuati dalle badanti. Ogni anziano, infatti, ingaggia, a proprie spese, una badante, che svolge le mansioni del personale, come dare le medicine e fare le pulizie. Accanto a infermieri e badanti, la struttura vanta, poi due psicologi e uno psichiatra. Ma nessun geriatra.
Cosa c'è sotto? Letteralmente la villa di Nerone, una struttura di grandissimo valore storico e artistico, proprio sotto il padiglione dei degenti. Ma non solo. Anni fa, infatti, alcuni scavi archeologici hanno riportato alla luce alcune rovine romane "misteriosamente" sparite poco dopo. E le frequenti pressioni da parte di privati e università di ristrutturare il dipartimento per farne anche un'importante centro di interesse culturale, hanno sempre ricevuto risposte negative. Il motivo? E' probabile che si miri a far calare il valore di mercato della struttura, così da consentire a "qualcuno" di fare l'affare della sua vita. Tante le ipotesi e poche le certezze. Così per il momento i più curiosi sono devono accontentarsi del responso dell'ispezione della sicurezza: nella clinica è tutto in ordine.
fonte: www.ilfattoquotidiano.it

giovedì 9 febbraio 2012

Negozi aperti tutto l'anno 24 ore su 24: ora si può!

Anno nuovo, decreto nuovo. All’alba del 2012, il Governo Monti ha varato il cosiddetto provvedimento “Salva Italia” che oltre a liberalizzare taxi e farmacie, ha suscitato non poche polemiche anche tra i commercianti. Uno dei punti della manovra riguarda, infatti, la liberalizzazione degli orari di tutti gli esercizi commerciali: non solo negozi ma anche bar, ristoranti, locali, grandi magazzini e supermercati potranno decidere quando alzare e abbassare le serrande. In altre parole a partire dal 2 gennaio i negozi possono rimanere aperti 365 giorni l’anno, notte compresa, senza badare a domeniche e festività e con la possibilità di decidere in merito alla chiusura per mezza giornata. In una totale assenza di regole. Inoltre, la legge concede, a ciascun Comune, 90 giorni di tempo dalla messa in atto del decreto, per decidere se e come applicare il nuovo provvedimento.
Liberalizzazione selvaggia del settore, dunque. Non ci stanno Confesercenti e Confcommercio che hanno urlato il loro dissenso. A Parma la battaglia portata avanti dalle associazioni dei consumatori contro le liberalizzazioni selvagge, è particolarmente radicata e ha come obiettivo precipuo quello di stimolare l’intervento del Presidente della Regione Emilia-Romagna, Vasco Errani, affinché dimostri al governo l’illegittimità del decreto.
Ma perché il nuovo provvedimento non piace alle associazioni dei consumatori e, a quanto pare, neppure ai titolari dei piccoli negozi del centro di Parma?
Per effetto delle liberalizzazioni si perderanno migliaia di posti di lavoro. Flessibilità non significa sviluppo. Il provvedimento, e nello specifico l’apertura domenicale, finirà per danneggiare i piccoli esercizi commerciali che, uno dopo l’altro, verranno inghiottiti dalle grandi catene di distribuzione che attualmente detengono il 70% del mercato. In particolare si favoriranno, non tanto i marchi commerciali italiani, che già sono radicati sul territorio, quanto piuttosto quelli stranieri che avranno così un motivo in più per insediarsi in modo massiccio anche nel nostro Paese, magari acquistando qualche gruppo.
Inoltre, prolungare gli orari di apertura comporterebbe un aumento dei costi di gestione dell’azienda insieme ad un incremento delle spese relative ai dipendenti. Questa situazione sarà sostenibile soltanto per le grandi imprese.
Il provvedimento studiato per stimolare un incremento del Pil, crea, al contrario, forti squilibri. A questo punto è d’obbligo una domanda: “In una situazione di recessione, come quella italiana, l’effettiva apertura del negozio 7 giorni su 7 può davvero aumentare il potere d’acquisto del consumatore visto che il volume delle vendite dipende innanzitutto dal potere d'acquisto, in questo momento bassissimo? Lo abbiamo chiesto ai commercianti e agli acquirenti parmigiani. Scettici i primi, più ottimisti i secondi. I titolari dei piccoli esercizi commerciali, salva qualche eccezione, in questo momento nutrono profonde perplessità e, in più, annunciano battaglia sulla questione del “saldi fai da te”, sollevata qualche giorno fa da Federmoda Parma. Tra i provvedimenti di liberalizzazione rientra, infatti, anche una totale liberalizzazione dei saldi di fine stagione. "La politica del “sempre in sconto” potrebbe danneggiare in primis il consumatore (la qualità dei prodotti offerti, la trasparenza del mercato, la reale convenienza delle offerte) e poi le piccole imprese" dal momento che il grande distributore attrae i clienti scontando alcuni prodotti ma alla fine recupera i prezzi scontati inducendo all'acquisto di altra merce. Una prospettiva quella dei commercianti che non sembra turbare i consumatori. Ma solo quelli più giovani. Acquisti notturni, capatine nei centri commerciali a tutte le ore, shopping domenicale sono tra i passatempi preferiti dalle nuove generazioni per trascorrere il tempo libero.
Ma proviamo a metterci dalla parte dei lavoratori. L’obiezione più diffusa riguarda la qualità del lavoro e della vita dei dipendenti. Che cosa cambia per loro? Il rischio di schiavizzare una categoria è molto alto. Inoltre i lavoratori sottolinenano l’obbligo per il Comune di garantire chi decide di lavorare di domenica o nei giorni festivi, quei servizi che sono assicurati durante la settimana. Il numero delle corse del trasporto urbano sarà lo stesso dei giorni feriali? E la sicurezza per i dipendenti che rimarranno nei negozi fino a tarda ora sarà assicurata? Quanti agenti saranno in servizio? Le madri lavoratrici potranno contare sull'apertura degli asili nido nei giorni festivi?. E, infine, verranno sperimentate nuove forme di contratto, come le assunzioni a termine e part-time e le forme più variegate di contratti senza nessuna stabilità lavorativa? Ai posteri l’ardua sentenza.