domenica 20 giugno 2010

IL 20° PONTIDA DI BOSSI: TRA RAZZISMO E ISTIGAZIONE ALL'ODIO

C'è brutto tempo a Pontida. Piove. Da due giorni ormai. Ma niente sembra fermare il popolo verde. All'appelo non manca nessuno. Naso in sù e bocca aperta, i seguaci del Senatur anche quest'anno partecipano compatti al raduno della Lega organizzato nella provincia bergamasca. Un appuntamento da non perdere, insomma. E se ne compiace Umberto Bossi. Amato. Acclamato. Venerato. Il leader del Carroccio è il primo a prendere il mano il microfono. C'è un solo ministro per il federalismo e sono io. Con queste parole il "grandissimo" riscalda le folle. Vuole tranquillizzare i suoi circa la recente nomina di Aldo Brancher a Ministro del Federeralismo: per il federalismo la coppia è sempre quella, io e Calderoli, ha sottolineato Bossi, ad Aldo Brancher si è pensato di dare il decentramento, che è certo importante ma è un'altra cosa. Non è cambiato nulla.
Parla poi di decentramento, il leader leghista e questa volta se la prende con i Savoia: tra i tanti errori commessi quello più grave fu quello di fare capitale Roma. Lamenta poi la tendenza centralista dell'Italia, il paese più arretrato di Europa. I termini di paragone sono la Francia e l'Inghilterra dove già da anni i poteri ministeriali sono stati trasferiti dalle capitali alle zone più ricche. Anche da noi quindi urge lo spostamento dei ministeri da Roma alle città del Nord. Torino, Milano, Venezia. Queste le città più acclarate per la nomina di capitale. Bossi ha inoltre spiegato come spostare i ministeri significhi spostare anche migliaia di posti di lavoro che adesso sono tutti a Roma. E così non si perde in chiacchiere l'oratore. Viene subito al sodo e chiosa: Pensavamo di fare prima il federalismo è poi realizzare il decentramento. La folla è scalpitante e intona: Roma ladrona, la Lega non perdona. Ma non solo. Secessione, Padania Libera sono gli slogan più gridati. Rispondono libertà i "fratelli" alle parole di Bossi che sottolinea come rispetto al fucile abbia scelto la via pacifica per la libertà della Padania.

Poi Bossi si rivolge agli allevatori del Bergamasco: non posso dire il perchè e il per come ma tra pochi giorni capirete. Adesso siete disperati ma io non vi ho dimenticati. La Lega risolverà i vostri problemi.

Ma il punto nodale del comizio è ancora il federalismo. Di federalismo ha parlato anche il ministro delle Infrastrutture, Roberto Castelli: Se non ci sarà il federalismo ci potrà essere la secessione, non perché lo chiederà la Lega, ma perché lo chiederà tutto il Nord. Oggi è la Lega che tiene unito lo Stato, altro che volerlo disgregare. Per il neo presidente del Piemonte, Roberto Cota, il federalismo è invece la ricetta giusta per ridurre la spesa ed eliminare gli sprechi. All'appello non poteva certo mancare lui, Roberto Calderoli, il braccio destro del Capo. Camicia verdissima e denti stretti, il ministro per la Semplificazione torna a parlare di federalismo. Chi dice che il federalismo è a rischio non conosce l'argomento e non ha letto la manovra perché una delle specifiche non va a influenzare il federalismo e le risorse che verranno fiscalizzate, e conclude: Ciascuno ha il suo simbolo e la propria bandiera. L'Inno di Mameli è l'inno d'Italia, quello della Padania è il Va, pensiero. E proprio con il Va pensiero si conclude il 20° radudo di Pontida. Tutti con la mano sul petto.

DELIRIO RAZZISTA DI GENTILINI


Lo chiamano lo "sceriffo". Giancarlo Gentilini, vicesindaco di Treviso, è l'istigatore delle masse che avete visto nel video. Agghiaciante. Raccapriciante. Il discorso sembra avere dell'inverosimile. Ma purtroppo è tutto vero. Era un Italia xenofoba quella che Gentilini proclamava nel 2008 dall'alto del palco del raduno della Lega Nord a Venezia. Sono trascorsi due anni e la situazione sembra di gran lunga peggiorata. Quelle parole sono oggi una terribile realtà. E si perchè l'Italia che il terzo partito del Paese sta contribuendo a costruire mostra ogni giorno il suo volto peggiore. Contro gli immigrati. Contro le moschee. Contro i bambini rom. Contro le donne col burka. Contro il meridione. Contro i rifiuti di Napoli (ma i rifiuti tossici degli stabilimenti industriali, mi chiedo, da dove provengono?). Insomma quello che ci vuole è una vera e propria Rivoluzione: lo gridano oggi gli uomini di Umberto Bossi e lo gridava allora Giancarlo Gentilini. Almeno prima di incassare il no del Tribunale di Venezia. In quell'occasione lo sceriffo, infatti, aveva ricevuto una denuncia per istigazione all'odio razziale. Ne era seguita la condanna a 4 mila euro di multa e una sospensione per tre anni da pubblici comizi. L'anno scorso Gentilini ha partecipato al raduno di Venezia. Tanti gli appalusi di solidarietà. Ma il vicesindaco non ha potuto parlare dal palco. Insomma non ha potuto aizzare il suo il popolo . Ma poco male. Infatti se la voce di Gentilini in quell'occasione ha dovuto tacere, il suo pensiero no. Ci hanno pensano i sostenitori del Senatur a portarlo avanti. Gli uomini del partito, quelli in prima linea. Allora come oggi.