martedì 15 giugno 2010

MY NAME IS RACHEL CORRIE

Partita il 5 giugno e diretta a Gaza per consegnare aiuti umanitari ai palestinesi, la "Rachel Corrie" portava con sè il ricordo di una delle stragi più sanguinose mai compiute dagli israeliani.
E' il 16 Marzo 2003: i media diffondono la notizia della morte di Rachel Corrie. Ha solo 23 anni la giovane attivista americana quando il suo cuore smette di battere. E' giovane. Troppo. Ci si chiede come sia potuto accadere. "La ruspa le ha versato sopra la terra e poi si è messa a schiacciarla" ha dichiarato Nicholas Dure, un compagno di Rachel. Moriva così la studentessa dell'Università di Olympia. Con il corpo schiacciato. Voleva difendere il diritto dei palestinesi ad avere una casa. Voleva opporsi con le tutte le sue forze alle ruspe che demolivano senza pietà le abitazioni dei profughi. Poi la tragedia. Brutale. Immediata.
Membro dell' ISM (International Solidarity Movement) Rachel voleva andare a Rafah, nella stiscia di Gaza. Passare dalle parole ai fatti: questa la vocazione di una ragazza qualunque. Era proprio una giovane come tante quando, Rachel, zaino in spalla, decide di lasciare gli Stati Uniti. E' il 18 gennaio 2003. La vocazione per la Palestina è forte. Troppo. Come rimanere impassibili quando i militari israeliani cancellano 25 serre e smantellano la strada per Gaza? Quando decine di ruspe distruggono i pozzi di acqua dolce nei campi profughi palestinesi? Quando centinaia di case vengono demolite mentre la gente si trova ancora dentro? E proprio per impedire la distruzione delle abitazioni palestinesi il 16 marzo aveva avuto inizio l'azione dei sei attivisti dell'ISM, di cui tre britannici e tre americani. L'iniziativa consisteva nel posizionarsi fisicamente sulla traiettoria e nel gridare ai manovratori delle macchine col megafono. Anche quel giorno tutto procede come di consuetudine. Senonchè circa un'ora prima del fatale incidente i militari israeliani sparano dei gas lacrimogeni. Avvertimenti. Intimidazioni. Ma il gruppo è compatto. I bulldozzer avanzano. Senza pietà. Eseguono gli ordini. Sollevano un mucchio di terra. Il gruppo è ancora là. Granitico. Fermo. Impassibile. Rachel è una di loro. Ma decide di passare all'azione. Sale sul cumulo. Incrocia lo sguardo del monovratore. Scivola. Non riesce più ad alzarsi. E' pericoloso. Il mostro avanza. La macchia arancione è vicina. Ora non più. Il manovratore si volta. La macchia arancione è alle sue spalle. Rachel indossava un giubetto fluorescente, arancione, poco prima di morire.
Le autorità israeliane hanno dato tante versioni dell'incidente. Le demolizioni dell'esercito servivano a portare alla luce ordigni inesplosi. Falso. Le autorità dicono il falso. Raccontano una versione opposta a quella di chi quei momenti li ha vissuti. Di chi come Rachel si opponeva pacificamente ad un'azione violenta.

4 commenti:

  1. Sì è terribile. Quella di Rachel Corrie non è altro che una delle tante storie che fanno pensare come qualsiasi progetto di costruzione della pace in Medio Oriente sia sempre più lontano.

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  2. è più lontano perchè ogni tipo di progresso e di evoluzione scomoda viene impedito. sono profondamente sconvolta...il mondo va a rotoli e per la maggior parte delle persone il problema è cosa andrà di moda l'anno prossimo!

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  3. Conformismo, qualunquismo, ipocrisia sono i mali peggiori della nostra società. L'opposizione a tutto questo spesso ha un prezzo molto alto: la vita e gli esempi sono tanti anche in casa nostra...come dimenticare il G8 di Genova, come dimenticare Carlo Guiliani?

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