sabato 26 giugno 2010

TUTTA LA VERITA' SULLA GUERRA IN IRAQ


E tutti sappiamo che Giuliana Sgrena è tornata viva solo perchè, al suo posto è morto Nicola Calipari. Con queste parole Furio Colombo denunciava nel 2007 la caccia ai giornalisti messa in atto dagli Stati Uniti durante la terribile guerra irachena. L'ex direttore dell'Unità nel suo libro "Post-giornalismo" relativo alla fine di uno dei mestieri più affascinanti del mondo racconta come le due guerre più gravi che hanno insanguinato il mondo dopo il Vietnam, e cioè Iraq e Afghanistan, siano state e siano tuttora le giornalisticamente più ignote, le più misteriose, le meno narrate, nonostante la permanenza, la vita e la morte di tanti giornalisti.

FALLUJA. LA STRAGE NASCOSTA. Proprio con uno spaccato della guerra vietnamite (1960-1975) ha inizio il cruento documentario che vi propongo qui di seguito. Solo 20 minuti. Poco meno di mezz'ora, quindi. Questo il tempo di durata del documentario di Sigfrido Ranucci. Ma non è la durata ciò che conta. Sono piuttoso le immagini, le terribili rivelazioni a lasciare il segno. Rimanere indifferenti non è consentito. Indignazione e rabbia, questi gli stati d'animo che si susseguono nello spettatore. Uno stupore che altro non è che la logica reazione ad un regime di censura che per anni ha tenuto l'opinione pubblica lontano da questi fatti. Un'opinione pubblica che forse non voleva vedere. Un'opinione pubblica che così come era piaceva al governo americano di Geroge W. Bush. Una libertà mascherata da democrazia. Questo sono gli Stati Uniti d'America.

GUERRA IN IRAQ.INIZIO. L'epoca che stiamo vivendo è quella delle cosidette “guerre democratiche” in cui sempre più spesso i paesi “portatori di democrazia” fanno ricorso alla violenza e allo strumento bellico per assicurarsi il dominio economico e politico del resto del mondo. Trovare un "casus belli" è in questi casi quantomeno necessario. E negli Stati Uniti il ponte di comando “ha utilizzato gli attentati dell’11 settembre esattamente come Hitler aveva utilizzato l’incendio del Reichstang”.
Settembre 2002. George W. Bush presenta un nuovo documento, “The National Security Strategy of the United States” preparando la Nazione ad una nuova fase della storia americana. Marzo 2003. Comincia la guerra all’Iraq. Giulietto Chiesa, nel suo libro "La Guerra Infinita". aveva sottolineato come l’attacco fosse già stato pianificato dagli uomini che stavano dietro ogni passo di Bush, i cosiddetti neoconservatori e che la stampa ha da sempre definito “neocons”. Essi provengono dalle elitè accademica, costituiscono un ceto di intellettuali e sentono fortemente la vocazione per la politica e gli affari. Sono i neocons infatti i promotori della guerra in Iraq in quanto convinti dell’idea di esportare la democrazia con le armi. E per far questo essi coniugano l’espressione “guerra al terrorismo”. Che cosa sia il terrorismo è difficile dirlo ma nel caso specifico esso diventa semplicemente funzionale al disegno di dominazione americana del mondo e di costruzione di una società pacificata scevra di ogni forma di violenza premeditata e politicamente motivata. Una guerra necessaria, quindi, contro gruppi subnazionali o agenti clandestini, meglio noti con il nome di terroristi. Questi ultimi non sono legittimi combattenti e non sono nemmeno criminali comuni. Per questi motivi gli Stati Uniti hanno deciso di violare la Convenzione di Ginevra e anche il codice penale statunitense quando si sono trovati di fronte un “terrorista”. Il perno della “dottrina Bush” era proprio la guerra preventiva che gli uomini del Presidente hanno definito come un attacco militare messo in atto dalla nazione a scopo difensivo. Ma da che cosa gli Stati Uniti dovevano difendersi? La risposta: le armi di distruzione di massa per mesi agitate come uno spauracchio sull’opinione pubblica. Stando alle dichiarazioni fatte dal Dipartimento di Stato le armi di distruzione di massa sarebbero detenute dai cosiddetti “stati canaglia”, i cattivi, mentre i buoni sono muniti di “bombe intelligenti”. Ma la logica della guerra preventiva si basava su supposizioni come dimostra il fatto che in Iraq le armi di distruzione di massa non sono mai state trovate (o mai cercate?).

LE ARMI DI DISTRUZIONE DI MASSA. Le dichiarazioni di Bush erano quindi infondate soprattutto se si considera che le armi di distruzione di massa sono in realtà detenute dalla Gran Bretagna, dalla Francia, dalla Cina, dal Pakistan, da Israele e dagli Usa stessi che le hanno largamente utilizzate in occasione del conflitto iracheno. Gli americani, infatti, durante la loro avanzata verso Baghdad, sembra che abbiano, in trenta giorni, fatto uso di trenta bidoni di napalm del tipo MK 77 e del fosforo bianco, contenuto nei proiettili illuminati, ma il divieto di possedere armi di distruzione di massa per le potenze mondiali non è contemplato. Proprio l'utilizzo del naplam, un gas nocivo, voleva denunciare Giluliana Sgrena, la giornalista del Manifesto. Aveva già belle e pronte le interviste e le testimonianze che durante la sua permanenza in Iraq aveva provveduto a raccogliere trascorrendo intere giornate a stretto contatto con la gente di Falluja. Dove è andato a finire tutto quel materiale. Nascosto, sparito, distrutto. Il terribile attacco subito dalla giornalista e la morte dell'agente del Sismi, Nicola Calipari hanno portato con sè il silenzio.
Stando alle parole dei nostri politici, quella in Iraq doveva essere una guerra visibile a tutti. Una guerra che avrebbe condotto l'Occidente alla distruzione del "Male". La verità è che l'Occidente quella guerra l'ha vista dal buco della serratura e anche da un solo punto di vista. Trattasi, quindi, di crimini di guerra firmati Usa.


GUERRA E DEMOCRAZIA
. Dopo l’11 settembre negli Usa nasce un nuovo maccartismo, che prende di mira chiunque cerchi di inficiare la “dottrina Bush”. Una prima lista fu stilata nel periodo immediatamente successivo all’attacco alle Twin Towers e al Pentagono, e nel dicembre 2002 è stata arricchita di nuovi nomi in gran parte segreti. Si calcola, infatti che siano stati imprigionati 1500 stranieri, molti dei quali arrestati in segreto e probabilmente processati anche in segreto “come non accadeva negli Usa dalla seconda guerra mondiale”. Si sono rivelate sempre più crescenti le violazioni dei Diritti umani fondamentali da parte degli Stati Uniti.
Mosso da fini propagandistici, ad esempio, Donald Rumsfeld ha parlato di violazione degli accordi di Ginevra quando gli iracheni hanno mostrato le foto dei marines catturati subito dopo l’attacco del 2003. L'ex Segretario alla Difesa ha tuttavia omesso di parlare del trattato di Ginevra quando i fotografi e i cameraman americani hanno mostrato a tutto il mondo decine di prigionieri iracheni e i detenuti di Guantanamo, incappucciati, incatenati e custoditi in gabbie a volte completamente nudi, privati della loro dignità. Il tipo di democrazia americana è quindi profondamente contraddittorio. La mancata firma del trattato per l’abolizione delle mine antiuomo, il rifiuto di riconoscere il protocollo di Kyoto sull’ambiente per la riduzione delle emissioni nocive, il voto contraria ad una risoluzione dell’Onu per mettere al bando le armi biologiche e contrario ad un’altra risoluzione volta a proibire l’uso dello spazio per scopi militari, sono episodi che dimostrano come gli Stati Uniti siano essi stessi una minaccia per l’umanità piuttosto che Saddam o il criminale di turno. Secondo Noam Chomsky il significato dell’invasione in Iraq è stato “quello di stabilire la prima base militare sicura in uno Stato vassallo e dipendente, che si trova al centro della regione del mondo che produce petrolio” . Ma non solo. Si tratta infatti di paesi dotati di una posizione strategica e pertanto essi devono essere sconfitti prima di affrontare il grande nemico, la Cina contro cui il “ponte di comando” ha già profilato uno scontro entro il 2017. “La Cina” infatti “si avvia sempre più a diventare un antagonista strategico dell’Impero”.
[Fonti: CHIESA G., La guerra infinita, Feltrinelli, Milano, 2003; COLOMBO F.; Post-giornalismo, Editori Riuniti,Castrocielo (Fr), 2007]

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