domenica 29 agosto 2010

E' NATO UN LAVORO. E' NATO NERO.


"Robe come la 626 sono un lusso che non possiamo permetterci. Sono l'Unione europea e l'Italia che si devono adeguare al mondo". Parola di Giluio Tremonti. Martedì scorso in occasione del meeting leghista organizzato a Bergamo il ministro dell'economia ha dichiarato di voler guidare l'Italia fuori dalla crisi. Come? Cancellando la legge sulla sicurezza sul posto di lavoro. Ora, non per essere pignoli, ma la 626 non è stata superata dal decreto legislativo 81/2008 recante il nuovo Testo unico? Pare proprio di sì. Ma questo il professore non lo sa. Oppure fa finta di non saperlo. Infatti come ha dichiarato l'Onorevole Damiano, ministro del lavoro del governo Prodi, in un'intervista a il Fatto Qutidiano, "certamente non si tratta di una gaffe: c'è un progetto politico finalizzato a ridurre il ruolo dello Stato nella tutela del diritto alla salute delle persone che vivono del loro lavoro".
Il progetto c'è. E partirà dopo l'estate. L'obiettivo? Eliminare lo Statuto dei lavoratori, approvato con la legge 300 del 1970. Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi ci sta lavorando. Da tempo ormai. Per la precisione dal 30 luglio scorso, quando il governo del "fare" gli ha affidato la delega per presentare un nuovo Statuto dei lavoratori. Quello in voga è troppo obsoleto, per di più problematico. Basti pensare all'articolo 18 che vieta il licenziamento senza una giusta causa. Articoli come questi sono "vincoli che hanno intrappolato il Paese nella scarsa crescita", ha dichiarato lo stesso Sacconi che sulla questione dimissioni ha le idee chiare.

Il nuovo Statuto infatti prevede una contrattazione fondata non più sul rapporto tra imprese e sindacato ma tra azienda e individui, laddove quest'ultimi sono subordinati ad una condizione di minorità rispetto alle imprese e quindi più esposti al pericolo dei licenziamenti facili. Inoltre manca in assoluto un progetto di riforma degli ammmortizzatori sociali. niente di nuovo. In materia di "licenziamenti bianchi" il governo Berlusconi aveva già dato i suoi frutti, quando nel 2008 aveva introdotto le lettere di dimissioni pre compilate che il datore di lavoro poteva agitare come uno spauracchio contri i lavoratori inermi.

Ma il pallino fisso del Ministro è la flessiblità. Nel progetto del governo c'è infatti il tentativo di rendere il lavoratore più "autonomo", più "libero" di decidere quanto lavorare e, quindi, qunto guadagnare. In altre parole un lavoratore con cui l'impresa possa contrattare direttamente offrendogli un impiego flessibile che tradotto nel linguaggio degli operai significa lavoro precario. E in che modo Sacconi vuole coronare il suo sogno? Semplice. Alleggerendo il contratto nazionale che per di più diventa derogabile e defiscalizzando straordinari e premi di produttività . Solo così e possilblie offrire così ai lavoratori più soldi e tenerli allo stesso tempo appesi ad un filo. Senza certezze. Senza risposte. Senza futuro. Tanto la produttivià aumenta.

LETTERA DI UN FIGLIO DI OPERAIO


Ero tornato da poche ore, l’ho visto, per la prima volta, era alto, bello, forte e odorava di olio e lamiera. Ero tornato da poche ore, l’ho visto, per la prima volta, era alto, bello, forte e odorava di olio e lamiera. Per anni l’ho visto alzarsi alle quattro del mattino, salire sulla sua bicicletta e scomparire nella nebbia di Torino, in direzione della Fabbrica. L’ho visto addormentarsi sul divano, distrutto da ore di lavoro e alienato dalla produzione di migliaia di pezzi, tutti uguali, imposti dal cottimo. L’ho visto felice passare il proprio tempo libero con i figli e la moglie. L’ho visto soffrire, quando mi ha detto che il suo stipendio non gli permetteva di farmi frequentare l’università. L’ho visto umiliato, quando gli hanno offerto un aumento di 100 lire per ogni ora di lavoro. L’ho visto distrutto, quando a 53 anni, un manager della Fabbrica gli ha detto che era troppo vecchio per le loro esigenze. Ho visto manager e industriali chiedere di alzare sempre più l’età lavorativa, ho visto economisti incitare alla globalizzazione del denaro, ma dimenticare la globalizzazione dei diritti, ho visto direttori di giornali affermare che gli operai non esistevano più, ho visto politici chiedere agli operai di fare sacrifici, per il bene del paese, ho visto sindacalisti dire che la modernità richiede di tornare indietro. Ma mi è mancata l’aria, quando lunedì 26 luglio 2010, su “ La Stampa” di Torino, ho letto l’editoriale del Prof . Mario Deaglio. Nell’esposizione del professore, i “diritti dei lavoratori” diventano “componenti non monetarie della retribuzione”, la “difesa del posto di lavoro” doveva essere sostituita da una volatile “garanzia della continuità delle occasioni da lavoro”, ma soprattutto il lavoratore, i cui salari erano ormai ridotti al minimo, non necessitava più del “tempo libero in cui spendere quei salari”, ma doveva solo pensare a soddisfare le maggiori richieste della controparte (teoria ripetuta dal Prof. Deaglio a Radio 24 tra le 17,30 e la 18,00 di Martedì 27 luglio 2010). Pensare che un uomo di cultura, pur con tutte le argomentazioni di cui è capace, arrivi a sostenere che il tempo libero di un operaio non abbia alcun valore, perché non è correlato al denaro, mi ha tolto l’aria. Sono salito sull’auto costruita dagli operai della Mirafiori di Torino. Sono corso a casa dei miei genitori, l’ho visto per l’ennesima volta. Era curvo, la labirintite, causata da milioni di colpi di pressa, lo faceva barcollare, era debole a causa della cardiopatia, era mio padre, operaio al reparto presse, per 35 anni, in cui aveva sacrificato tutto, tranne il tempo libero con la sua famiglia, quello era gratis.
Odorava di dignità.

Luca Mazzucco

giovedì 12 agosto 2010

QUANDO IL GIORNALISMO E' COLLUSO CON LA POLITICA

Come di consueto digito http://www.ilfattoquotidiano.it/. Un clic quà, un clic là. Poi stop. Un titolo cattura la mia attenzione. Leggo: "Non ho protettori alla Rai: meglio Al Jazeera". Che tristezza. Certo, notizie come queste non mancano mai. Ma di che cosa si tratta? Apro la pagina. Comincio a leggere con attenzione. E voglio che la faccia anche tu. Per questo ho deciso di riportare il pezzo sul mio blog. Parola dopo parola. Buona lettura da un'aspirante giornalista sempre più delusa dalla politica che si fa in Italia, un Paese che nonostante tutto "rimane incredibile: mi piace da morire".



La cascata luminosa di Times Square si riversa alle sue spalle, senza soluzione di continuità. Più in basso, all’altezza del terzo piano, le notizie della Dow Jones corrono veloci, come un ruscello di montagna. Alessandro Rampietti, camicia bianca e jeans, barba curata e piglio sorridente, rilassato anche dopo una giornata piena di notizie, è felice.

E’ un impiegato di Al Jazeera, la televisione del Qatar. Di più, è il responsabile della sede di corrispondenza di New York. Si ritrova a gestire storie difficili, come il tentativo di far esplodere una bomba proprio lì, a pochi passi dalla sua redazione. Un lavoro adrenalinico: gestire immagini e parole che passano dal Bangladesh all’Inghilterra, per lo Zimbabwe e l’intero Medio Oriente.

Eppure “volevo lavorare alla Rai”, racconta il senior producer, che ha trentatré anni. “Andai a pranzo con una persona che ha un certo peso nella tv pubblica, il quale, dopo aver apprezzato le mie capacità e aver detto che ero bravo, mi chiese di indicare il mio protettore politico”, racconta Rampietti. Il giovane giornalista andò alla ricerca di un santo in paradiso, incontrando un senatore che, però, gli lasciò “l’amaro in bocca”. La stessa sera ne parlò con un altro collega della Rai: “Ascoltami – suggerì lui – vai alla Columbia University di New York, ti aiuto a trovare una borsa di studio”.

Così è stato, e dagli Stati Uniti Rampietti non è ancora tornato: ha trovato un lavoro che gli fa girare il continente, più certezze e più stimoli per il futuro. “In Italia non ci sono i soldi per viaggiare all’estero, considerato sempre in misura minore nei notiziari – racconta – non amo il modo in cui si fa televisione da noi, sembra una radio cui vengono associate immagini talvolta senza senso, mentre nel mondo anglosassone c’è più attenzione al racconto”.
Certo, ci sono bei programmi “come Report”, anche se “sono passati vent’anni ed è sempre la stessa cosa: sembra che manchi la voglia di innovarsi”. Ben diversa, ovviamente, la realtà ad Al Jazeera, realtà “internazionalista” e “globale” che si divide le scrivanie con l’agenzia Reuters, affacciandosi sulle stesse luci della piazza considerata l’ombelico del mondo.

La versione inglese della tv del Qatar “vuole mettersi al livello degli altri canali internazionali, concentrandosi però sulle storie del Sud del mondo, cercando di portarlo in serie A”. Questo non vuol dire, comunque, “che sia una televisione perfetta: in fondo è soltando un bebé di tre anni, ma le possibilità sono infinite, ed è un posto editorialmente libero”.

Fare giornalismo negli Stati Uniti non è comunque troppo lontano dagli anni romani di Rampietti. Un pizzico di avventura ci vuole, in ogni caso. Quando lavorava per Roma Uno, canale metropolitano della capitale, ogni cronista aveva un motorino ed una telecamerina. “Volevamo essere i primi a raccontare la notizia”, spiega. Anche ora bisogna andare a caccia delle storie più intriganti, intervistando gli abitanti delle periferie, a Bay Ridge, cercando di capire le ragioni profonde della crisi.

Dopo aver viaggiato in 28 dei 50 Stati americani e facendo parecchie incursioni in America latina, il producer di Al Jazeera osserva in maniera distaccata il giornalismo del nostro Paese: “Di solito si vuole mostrare quanto sono stupidi gli americani, o l’ultima novità di Hollywood, magari criticare Bush o lodare Obama”. Gli Stati Uniti, però, sono molto più complessi. I grandi temi, negli ultimi anni, non sono mancati: vanno “dal matrimonio omosessuale alla crisi manifatturiera e automobilistica”.

E a lui, che ha dato l’America? “La libertà, capire che significa la libertà”, risponde. Comunque, anche se sta bene a New York, non è detto che passerà il resto della vita nella Grande Mela. La famiglia, che può annoverare qualche immigrato negli Usa già nelle generazioni passate, rimane in Italia, un Paese che continua ad essere “incredibile: mi piace da morire”.

sabato 7 agosto 2010

LA MISSION MEDIATICA DI "SUA EMITTENZA". MA COSA BOLLE IN PENTOLA?



"Il vero potere risiede nelle mani dei detentori dei mass media"

LICIO GELLI













L'autunno è vicino. Ma Silvio Berlusconi non può aspettare. Anzi non vuole. Nella speranza che la stagione che viene coincida con le tanto attese elezione, urge un restyling televisivo. E non solo. E' necessario che tutti i mezzi di comunicazione stiano con lui. L'obbiettivo? Scongiurare il pericolo futurista: non sia mai che ci si trovi di fronte un finiano. O peggio il Presidente della Camera in persona. Pertanto, come è noto, Sua Emittenza in questi casi non si perde in chiacchiere. Dopotuttto la politica del fare è il suo segno distintintivo.

Ma cosa ha fatto Silvio? Qualcuno direbbe niente di buono. Altri il contario. Fatto sta che ieri il Premier ha radunato a Palazzo Grazioli i suoi uomini. Schierati su diversi fronti, i vari Minzolini, Petruni, Vinci, Paragone hanno sguainato le spade. Sono pronti. Impavidi e temerari, i soldati sanno già come servire il padrone. Ma la battaglia è iniziata già da qualche giorno. Come hanno dimostrato certi tg e certi quotidiani, Il Giornale e Libero in primis, tutti solerti a 'scongelare' notizie destinate a demolire l'avversario di turno. Trattasi di Gianfranco Fini. Di chi altrimenti? Tuttavia ciò che si è fatto non basta. Si può e si deve dare di più!

LA TV. Il pallino fisso del Premier, si sa, è la tv. Il direttorissimo saprà accontentarlo. ''Mauro Masi vigili sul possibile dilagare dei finiani nei programmi tv. Gli spazi destinati alla nuova formazione politica non devono superare il 2% e comunque in una proporzione non superiore al loro effettivo peso in Parlamento", ha dichiarato Giorgio Stracquadanio, il deputato Pdl che ha auspicato per Fini lo stesso trattamento riservato a Boffo. Ma Stracquadanio è andato oltre e ha chiesto al Cda di mettere il bastone fra le ruote ad "una certa sinistra Rai". Per dirla con le parole del deputato, il Predellino teme che "il Presidente della Camera usi spazi istituzionali per fare propaganda politica". La speranza è "che non ci siano puntate monografiche di 'In Mezz'Ora' su Fini e i colonnelli finiani", e che non si incappi "in telenovele sul FLI in un Tg di grande ascolto come il Tg3, oppure in reiterate puntate di Santoro e ''Anno Zero'' interamente dedicate a Fini e alle sue tesi antiberlusconiane, o a gustare colloqui a base di te' e pasticcini di Fini serviti dal miliardario presentatore di sinistra Fazio. Tutto deve essere proporzionale alle forze parlamentari di un partito". Insomma il Pdl vuole vigilare "affinche' in Rai ci sia una informazione corretta e non nascano tifoserie a favore di chi sta facendo la campagna contro il Governo, perche' sarebbe un uso ancora piu' strumentale della tv pubblica".

IL PROGRAMMA. Il cruccio di Silvio sono le trasmissioni per famiglie e, affinchè si mortifichi l'opinione pubblica Sua Emittenza non ha dubbi: dare il buongiorno agli italiani è fondamentale. Per questo motivo Unomattina potrà godere sempre più spesso della presenza del Presidente e, come di consueto, dei suoi uomini. Ma non è tutto. Anche la domenica si potrà trascorrere in compagnia del Premier. Basta sintonizzarsi sulla Rai dove in programma c'è una Domenica In senza Baudo e, ovviamente, su Canale 5 che anche quest'anno trasmetterà Buona Domenica. Ma su Mediaset Berlusconi, si sa, gioca in casa. E' la Rai invece che continua a dare problemi. Dopo il fallimentare tentativo di epurae Michele Santoro che ritorna con Annozero il 23 settembre, il Premier dovrà combatterà la controffensiva di RaiTre: Floris e Gabanelli, Annunziata e Iacona, Fazio (con Saviano), Serena Dandini e la satira di Gene Gnocchi. Al conduttore de L'ultima Parola, invece l'arduo compito di portare il Carroccio in vetta alle statistiche.

Con La7 destinata a diventare il terzo polo mediatico, è questo lo scenario che si prospetta nei prossimi mesi. Questo la scenario che potrebbe accomapgnare la campagna elettorale agitata dal Signor Tv come uno spauracchio contro il Pd di Bersani. La guerra è aperta. Peccato che sia combattuta con armi impari.

(fonte:
www.unita.it)

venerdì 6 agosto 2010

HIROSHIMA. LA VOCE DI UNO SCRITTORE

Da 'Tristano muore' di Antonio Tabucchi - Feltrinelli Editore



“...sai invece quando tutto gli fu chiaro? Quando tutto pareva gia’ chiaro ed era gia’ finito, il sei agosto del quarantacinque. Alle otto e un quarto del mattino, se vuoi sapere anche l’ora. Quel giorno Tristano capi’ che il mostro ormai vinto stava lasciando il posto alle mostruosita’ deivincitori... era il secondo crimine contro l’umanita’ di questo allegrosecolo che sta finendo... quel mattino la prima atomica utilizzata come armadi distruzione di massa cadde su una citta’ del nostro mondo annientandoloed incenerendo duecentomila persone. Dico duecentomila, e tralascio lemigliaia morte dopo, e quelle nate morte, e tutti i cancri... e non eranosoldati, erano cittadini inermi che avevano commesso il delitto di non aver nessuna colpa... C’e’ un luogo, a Hiroshima, si chiama Gembaku Dom, e’ un padiglione, vuol dire Cupola atomica, fu l’epicentro dell’esplosione, in quel luogo la temperatura al suolo raggiunse lo stesso calore della superficie solare, vicino al cenotafio con la fiamma della pace c’e’ un pezzo di pietra, e’ la soglia della porta di un edificio, una normale soglia della nostre case, dove mettiamo lo zerbino per pulirci le scarpe. Dentro quella pietra, di marmo, mi pare, assorbita come una carta assorbente succhia l’inchiostro, c’e’ l’impronta di un corpo umano a braccia spalancate. E’ quello che resta del corpo di un uomo che si liquefece sulla soglia di casa sua alle otto e un quarto di quel sei agosto del quarantacinque... Se puoi, fai un viaggio, valla a vedere, e’ una visita istruttiva... e’ stato detto che quelle vittime furono inutili, la testa del mondo era gia’ stata schiacciata a Dresda e a Berlino, e agli americani per piegare il Giappone sarebbero bastate le armi convenzionali. E’ un errore, non furono affatto inutili, ai vincitori furono utilissime, in quel modo fecero capire al mondo che i nuovi padroni erano loro... la Storia e’ una creatura glaciale, non ha pieta’ di niente e di nessuno, quel filosofo tedesco che si suicido’ in una pensioncina di confine fuggendo da Franco e da Hitler e da tutti e forse anche da se stesso aveva riflettuto troppo su questa dama priva di pieta’ che gli uomini corteggiano invano, non gli deve aver giovato... nelle sue riflessione scrisse che davanti al nemico, se vince, neanche i morti saranno al sicuro... di qualsiasi nemico si tratti, aggiungerei, anche il nemico dei cattivi, perche’ per essere nemici dei cattivi non si puo’ fare i buoni, tu che ne pensi?... Capisco la tua obiezione, sono stato troppo sintetico, certo che se vinceva il male non c’era piu’ rimedio... ma del bene volevo dire che... insomma... il bene, ecco che il bene ha vinto sul male, solo che c’e’ un po’ di male di troppo in quel bene, e un po’ troppa imperfezione in quella verita’... La verita’ e’ imperfetta...” .

HIROSHIMA E NAGASAKI: ERA NECESSARIO?

“Mi vedo ancora là, immobile nell’impotenza. Eppure quell’immagine dell’inferno a Hiroshima è stampata nella mia mente e non la dimenticherò mai. Come sopravvissuto della bomba atomica, credo sia mio dovere parlare a più persone possibile della distruzione che causano le armi nucleari.”
Ryuma Miyanaga (vittime della bomba di Hiroshima)




giovedì 5 agosto 2010

QUESTO CI OFFENDE!

LA PUBBLICITA' SHOCK CONTRO LE DONNE

Umiliate, offese, mortificate. Così si sentono le donne italiane che da qualche tempo lamentano la tendenza ad 'imbrattare' le strade delle città con cartelli pubblicitari volgari e dagradanti.
L'Unità ha deciso così di farsi portavoce della protesta. Tutto è iniziato il 23 luglio scorso quando il quotidiano di Concita De Gregorio ha deciso di accogliere la segnalazione di una pubblicità che a definirla volgare si rischia di fare un complimento ai suoi produttori. "Montami a costo zero". Questo lo slogan che accompagnava lo spot il cui obbiettivo era quello di pubblicizzare un pannello fotovoltaico. E così i creativi della Neo Communication, gli autori dello spot, per incrementarne la vendita hanno pensato bene di posizionare davanti all'obbiettivo una donna nuda ripiegata in modo da suggerire una posizione sessuale tra le più note. La perversione maschile avrebbe dovuto fare il resto. Tutto questo succedeva a Milazzo. «Sentiamo l’urgenza di sollevare una reazione forte di fronte a una deriva italiana non più sopportabile», commenta Pina Milici, del gruppo Donne libere che qualche successo l'ha ottenuto. A Milazzo, infatti, il cartellone è stato rimosso e il titolare della ditta, Federico Calderone ha fatto le sue scuse. Di circostanza, ovviamente. E su questo non ci sono dubbi considerando le parole aggiunte poco dopo dallo stesso Calderone: «A Milano, Firenze, Roma, dove la comunicazione è piena di messaggi sarcastici e coadiuvanti una campagna come quella proposta dalla nostra azienda sembrerebbe un messaggio innocente e simpatico e di sicuro stimolo». Forse, forse il pubblicitario siciliano non aveva poi tutti torti. La maggior parte delle città italiane sono invase da spot simili a quelli ravvisati a Milazzo. Ma come spiegarlo alle donne italiane che, dopotutto, si tratta di messaggi 'innocenti' e 'simpatici'?
In realtà le parole di Calderone proprio non convincono il pubblico femminile e la protesta scoppiata nella città siciliana ha fatto proselitismo. Per fortuna. Decine e decine sono state le seganalzioni di pubblicità offensive del corpo delle donne. Milano, Torino, Udine, sono solo alcune delle città 'scattate' da donne reporter che hanno diffuso sul Web le fotografie più emblematiche della bassezza culturale che infesta il mondo occidentale e soprattutto l'Italia. Come non rimanere di stucco di fronte alla pubblicità del noto e vecchio "Amaro del capo" che dall'alto dello scaffale del supermercato tenta di convincere il cliente ad aprire il portofoglio? E lo fa in modo impeccabile: con un cortoncino che, legato al collo della bottiglia, riporta il volto di una donna. Meglio se è una segretaria ma soprattutto meglio se vuole "farsi il capo".

(fonte:www.unita.it)










domenica 1 agosto 2010

AISHA, IL VOLTO SFIGURATO DAI TALEBANI

COPERTINA SHOCK DEL TIME: RAGAZZA CON NASO E ORECCHIE AMPUTATE


Aisha ha solo 18 anni e coraggio da vendere. Di origine afgana la ragazza non ha più nè naso nè orecchie e vuole farsi fotografare. Ha scelto di posare davanti all'obiettivo del "Time" per far vedere al mondo intero"cosa succederebbe all'Afghanistan se i Talebani tornassero al potere".

La condizione femminile nel paese, già molto difficile, risulta infatti minacciata dalla possibilità di un rapido accordo tra Usa e Nato a favore delle forze militari afgane. Di questo Aisha è fortemente consapevole e con il suo volto sembra voler dire "Ecco cosa succede quando cerchiamo di lasciare l'Afghanistan". Stanca di subire abusi dal marito e dal suocero, la giovane infatti aveva tentato di scappare di casa. Il tribunale talebano la giudicò colpevole infliggendole la pena dell'amputazione.

Dunque un' immagine eloquente quella che il settimanale statunitense farà uscire sulla copertina del prossimo numero: "Volevo essere sicuro in primo luogo che Aisha fosse consapevole di quanto stava facendo e di ciò che significa essere in copertina. Lei sa che ora diventerà un simbolo del prezzo che le donne afghane devono pagare a causa della ideologia oppressiva del talebani", ha confessato il direttore Richard Stengel.

Ma una buona notizia c'è. Aisha, diretta alla volta degli Stati Uniti, sarà sottoposta ad un intervento di plastica ricostruttiva. Medici esperti molto probabilmente guariranno le ferite sul volto della giovane donna tranne una: la consapevolezza che milioni di donne afgane continueranno a subire ogni giorno le violenze più atroci.