mercoledì 12 maggio 2010

LA COSTITUZIONE SVUOTATA




La Costituzione dovete farvela amica diceva Giuseppe Dossetti. Con queste parole Antonio D'Aloia, professore Ordinario di Diritto Costituzionale all'Università di Parma, ha iniziato il suo discorso tenutosi lunedì 10 maggio presso l'Aula Ferrari della facoltà di Lettere e Filosofia. D'Aloia ha parlato questa volta ad un auditorium diverso. Intitolato 7 Domande sulla Costituzione e dintorni, l'evento ha visto, infatti, la partecipazione dei professori e degli studenti di via D'Azeglio 85. Oggetto di discussione: la Costituzione italiana, un argomento di cui il prof. ha parlato rispondendo a 7 domande. Una breve introduzione ha chiarito il nocciolo della questione: la Costituzione italiana è stata un punto di riferimento per tutti, ha detto D'Aloia, di equilibrio e di spinta vitale per l'individuo e la società. Subito dopo la risposta al primo quesito.
In che termini e secondo quale efficacia il rispetto delle regole è sancito dalla Costituzione?
La risposta del prof. ha chiarito innanzitutto che la Costituzione è una norma giuridica superiore a tutte le altre. Approvata dall'Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947, la Costituzione italiana si fonda su principi che valgono al di sopra del potere politico. Per comprendere questa affermazione il lodo Alfano cade a pennello. Partorito per garantire l'immunità alle quattro alte cariche dello Stato, il lodo stabilisce che qualsiasi delitto i nostri politici dovessero compiere non sono perseguibili dalla legge almeno finchè rimangono in carica. Approvato nel luglio 2008 dal consiglio dei ministri del Governo Berlusconi prima e dalle Camere dopo, il lodo è stato dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale. In tv e sui giornali ne sono state dette di tutti i colori. Nell'occhio del ciclone soprattutto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, firmatario del lodo che trascorsi 15 giorni è stato dichiarato immediatamente legge. La dichirazione di incostituzionalità arriva un anno dopo. Ma è subito polemica. Come può la Corte bocciare una legge che ha ottenuto il consenso del Presidente della Repubblica? Si chiedevano gli uomini più vicini al governo di centro-destra. A questo punto una domanda sorge spontanea. Non è forse questo l'iter di una legge che per diventare tale deve passare sotto la penna del presidente della Repubblica? Il compito della Corte è semplicemente successivo all'approvazione della legge. Ma D'Aloia è stato critico anche nei confronti di moltissime testate nazionali che subito dopo la bocciatura del lodo hanno descritto i componenti della Corte Costituzionale mettendone in evidenza l'orientamento politico o meglio la natura dei governi sotto cui essi sono stati eletti. La Corte, si sa, è composta da giudici nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Paralmento in seduta comune e per un terzo dalla magistratura. Questo non scalfisce la prerogativa della Corte, un organo super-partes chiamato a giudicare in caso di attentato alla Costituzione. Ma la legge che prende il nome dal ministro della giustizia, Angelino Alfano, non è un' idea nuova. Qualcosa di simile era già accaduto nel 2004 con il lodo Schifani bocciato poi dalla Consulta. Ora come allora è risultato evidente come la Corte non faccia politica. Sono semplicemente le sue decisioni ad avere un impatto politico.
Le componenti del mondo giovanile, del lavoro, della formazione e della ricerca possono trovare all'interno della Costituzione un'ulteriore spinta nel porsi quali fattori prioritari per lo sviluppo e l'evoluzione civile del paese?
L'Italia è una Repubblicademocratica, fondata sul lavoro si legge nel primo articolo della nostra Costituzione. Ma il lavoro è contemplato in molti altri punti e sebbene molte intuizioni costituzionali si sono realizzate, oggi la domanda dell'uguaglianza attraverso il lavoro è ancora irrisolta. Il precariato, il cosidetto lavoro flessibile è una delle piaghe della nostra società. La costituzione diviene. Ed è giusto che sia così sostengono gli esperti. La Legge fondamentale si evolve a seconda della capacità di adattarsi alle nuove domande che vengono dal basso. Ha saputo offrirsi per numerose elaborazioni e trasformare i bisogni in diritti. Ma lo stravolgimento è altra cosa. E' assolutamente altra cosa il tentativo di subordinare la legge agli interessi.
Si parla spesso di conflitto di interesse, in particolare in relazione agli strumenti di comunicazione, ma non solo. La Costituzione riesce a stabilire dei criteri che evitino il prodursi di situazioni in tal senso?
Uno svuotamento del principio di divisione dei poteri. Così il professore ha subito definito il conflitto di interesse. E in Italia la situazione è sempre più drammatica. Numerosi i tentativi di sovvertire il potere costituzionale da parte di quei politici che stanno contribuendo alla realizzazione di una Repubblica presidenziale in cui il potere politico, pubblicitario e dei mezzi di comunicazione sia nelle mani di un solo uomo, il Primo Ministro Silvio Berlusconi. In realtà una serie di governi consecutivi sin dal 1994 non sono stati in grado di rislovere il problema del conflitto di interesse e sono molti i cittadini di centrosinistra che non hanno più fiducia nella rappresentanza politica. Il sig. B. proprietario di Mediaset,il principale gruppo commerciale, di comunicazione e di radiodiffusione d'Italia, detiene circa la metà del brodcasting italiano. Ma non finisce qui. Il suo ruolo di capo del governo lo porta ad influenzare anche il sistema di radiodiffusione Rai che insieme alla Mediaset ha in Italia il contollo del 90% dell'informazione. Non è poi così difficile fare due più due. Le ultime disposizioni che hanno interessato il mondo delle telecominicazioni sono state dichiarate due volte incostituzionali ma tutto tace. Lo status quo non cambia. La concorrenza non esiste neppure sul piano pubblicitario dove il monopolio è detenut da Publitalia '80 sempre di proprietà della famiglia Berlusconi. Riaffermare il primato dell'interesse pubblico sul privato è quindi una priorità per questo Paese. Assicurare la salvaguardia dei beni comuni e garantire a tutti l'accesso ai pubblici uffici è la prerogativa di una democrazia.
Nella Costutuzione cosa possiamo giudicare di piena attualità e cosa invece appare collegato a condizioni ormai non più in essere? Un processo di revisione della Costutuzione quali nuove tematiche dovrebbe affrontare?
Un processo di revisione è sempre necessario. Ma la politica italiana è danneggiata in profondità. Una modifica della Costituzione presuppone un coinvolgimento di tutti gli schieramenti politici mentre la classe dirigente oggi detiene un potere decisionale quasi assoluto. E la legge elettorale del 2006 ha fortemente rafforzato la convinzione che chi vince piglia tutto. La legge elettorale così com'è va cambiata: i cittadini devono avere la possibilità di scegliere la propria rappresentanza.
Gli strumenti costituzionali possono trovare una specifica funzionalità anche riguardo alle tematiche di itegrazione e nuova cittadinanza?
Quando i Padri Costituenti vararono la Legge Fondamentale l'Italia era un paese di emigranti. Il diritto ad emigrare è infatti contemplato dalla Costituzione. Ma oggi la situazione è capovolta: la penisola è diventata la meta di quanti fuggono dal loro paese d'origine. Un fenomeno sempre più vasto quello dell'immigrazione che l'attuale legge non riesce a regolare. Una legge, la Bossi-Fini, lesiva dei diritti fondamentali dell'uomo che la nostra Costituzione in più punti si propone di difendere. L'Italia consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustuzia fra le Nazioni, recita l'art.11 che oltre a regolare il rapporto tra gli Stai vuole garantire condizioni di benessere diffuso e, il diritto di cittadinanza deve essere garantito a chi contribuisce alla sviluppo del nostro Paese. Cittadinanza non può significare appartenenza etnica. Cittadinanza è sinonimo di comunità di diritti e di doveri.
Qual è il processo partecipativo e culturale, ancor prima che politico e giuridico, nel riformare il quadro delle leggi costituzionali?
Una riforma della Costituzione non deve porsi al servizio del potere politico e allo stesso tempo non può avere bisogno del consenso. Il costituzionalismo è il binomio perfetto di democrazia e di regole mentre il consenso può essere pericoloso. Sulla base del consenso possiamo fare tutto mentre la Costitzione ha bisogno di garazie. E' neceesario che ci siano delle regole.


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